Intervista a Jun Arai: Animatore Neo-Kanada!

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La traduzione dell’intervista di Bono1978 aka Daisuke Miura a Jun Arai datata 18 giugno 2011 mi era stata richiesta da un caro amico almeno un anno fa. All’inizio la trovai davvero difficile e decisi di riprenderla in mano soltanto dopo aver migliorato le mie abilità di traduzione dal giapponese e le mie conoscenze per quanto riguarda il lessico specifico degli anime così finì per completarla soltanto ad ottobre. Decisi di non pubblicarla subito perché vi erano ancora diversi punti su cui ero incerto e alcuni paragrafi sui quali avevo un gran paura di aver preso grandi cantonate. Ho provato un po’ a correggerla ma potrebbero esserci ancora delle interpretazioni errate e qualche inesattezza nelle parti in cui sono presenti le note e nella traduzione di vari nomi. Se qualche gentile sakubuta notasse degli evidenti errori, me lo faccia notare tranquillamente in privato affinché io possa correggere tempestivamente. Ad ogni modo mi sembrava comunque il caso di pubblicarla poiché quest’intervista contiene un sacco di dettagli e spiegazioni inestimabili sulla carriera dell’animatore, che recentemente si è ritirato dalle scene, e sulla Storia del cosiddetto Kanada Style, impossibili da trovare altrove sia in lingua inglese che in lingua italiana.

I due si sono ritrovati allo Shakey’s di Kichijoji per poter dare la luce a questa lunga  chiacchierata che è stata ripubblicata il 6 settembre 2017 sul sito del critico in onore della ristampa di un artbook del 2011, contenente le riproduzioni dei keyframes dell’artista, nel quale l’intervista è stata pubblicata per la prima volta.

arasan artbook

Quale motivazione l’ha spinta divenire animatore?

Gli anni 80’ furono un periodo di grande espansione per i cartoni animati in TV, ogni mese c’era sempre qualche episodio di altissima qualità in termini di animazioni. Proprio in quegli anni si stavano diffondendo anche i registratori ad uso familiare ed il vicino di casa di mia zia, che ne aveva comprato uno, mi aveva dato il permesso di usarlo un po’ come meglio credevo. All’epoca andava in onda “Gu-Gu Ganmo” (1984) e, riguardandolo frame by frame, mi chiedevo “che diavolo è tutto questo?” notando nuovi personaggi e dettagli che sbucavano fuori dal nulla. Volevo passare altri momenti meravigliosi così ho iniziato a vedere la televisione ogni weekend. Sicuramente questo è quel che mi ha ispirato di più, ho pensato “voglio realizzare anche io disegni così fighi per l’animazione televisiva” (ride).

A proposito, in che anno è nato?

Nel 1974.

Quindi quando aveva circa 10 anni è cominciato il boom dell’animazione negli anni 80′. In quel periodo, cosa le interessava? (Qui dice esplicitamente sakuga boom e non anime boom quindi può darsi che si riferisca proprio alla nascita dell’interesse per gente come Kanada o Yamashita ndT)

Beh, all’epoca mi entusiasmavano molto titoli come Armored Trooper Votoms e Super Dimension Century Orguss.

Beh, in fondo quello era il periodo di Anime Aru, o no?

(Anime Aru è uno studio fondato da Moryasu Taniguchi dedicato all’outsourcing, all’epoca specializzato nel realizzare keyframes e nel dipingere cels NdT)

Già! Era chiamato lo “studio di quelle due persone”, giusto? Quando ero alle scuole elementari non avevo mai trovato particolarmente interessante lo Scopedog (il robot principale della serie Votoms NdT) per via della grossa testa ma guardando la ritrasmissione televisiva lo trovai davvero fico, soprattutto nelle scene ambientate nello spazio. Fu la prima volta in cui iniziai a guardare le parti meccaniche con gli occhi di un sakuga otaku. Beh, normalmente a quell’età i ragazzini smettono di vedere i cartoni animati. Non c’erano altre vie percorribili per continuare a guardarli se non quella (ride).

(“Armored Trooper Votoms” # 29 (Supervisore delle animazioni: Moriyasu Taniguchi / key animators: Yasunobu Umei, Masako Kishimoto, Yoshie Kawamura, Masahiro Kase)

Quando ha riflettuto sull’entrare di entrare a far parte dello Studio Giants per la prima volta?

Credo che abbia iniziato a desiderarlo leggendo il volume “25 anni di animazione televisiva”. Quando ero alle scuole elementari non conoscevo il nome di nessun animatore, non sapevo cosa fosse un keyframe ed in sostanza non sapevo come funzionassero gli anime. Vedevo il mondo dei cartoni animati giapponesi evolversi in tempo reale ma questi cambiamenti non avevano alcun impatto su di me. Durante le scuole medie iniziai a comprare alcune riviste a tema anime che contenevano informazioni sullo staff delle varie produzioni. Quel “25 anni di animazione televisiva” ha aumentato notevolmente le mie conoscenze sull’argomento. Penso proprio che si possano imparare un sacco di cose dalle riviste e dai libri d’animazione.

25 anni di animazione giapponeseanimage

Quindi lei lesse anche l’articolo dedicato allo studio Giants di Animage? Era nel numero di gennaio 1984.

Quella era soltanto una copia di quanto scritto nell’altro volume però (ride). Però lo comprai comunque in un negozio di libri usati.

Davvero? (ride). Quindi c’erano già degli studi nei quali voleva lavorare?

In realtà non sono partito a tutta birra dicendo “Andiamo a vedere quali studi sono in cerca di personale!” ma ho fatto una scuola di specializzazione per poter diventare animatore, perché pensavo che sarebbe stata un’esperienza divertente ed interessante prima di cominciare a lavorare seriamente. A breve distanza dalla cerimonia di chiusura del corso decisi di andare all’ufficio di collocamento per vedere quali aziende necessitassero di nuovo personale. Tra queste c’erano tra le altre Studio Giants, Studio Gainax ed alcune altre. “Beh, scelgo Giants o Gainax ovviamente” mi dissi con sicurezza. All’epoca gente come Hiroyuki Imaishi non era molto famosa ed ero più familiare con i giovani prodigi dello Studio Giants così scelsi la strada che mi sembrava più sicura (ride). All’epoca il celebre Masayuki faceva ancora parte dello Studio Giants ed io lo ammiravo moltissimo. Quando si spostò alla Gainax la sua mancanza si sentì moltissimo. Comunque, Scoprì che il presidente dello studio altri non era che un vecchio insegnante della mia scuola, tanto che fu lui stesso a presiedere il mio colloquio di lavoro.

La scuola da lei frequentata era la Toode (Tokyo Designer Institute NdT) ?

Sì.

Allo studio Giants c’erano tanti animatori provenienti da quella scuola.

Certo, dal momento che il presidente insegnava proprio lì. Per esempio, ricordo che Takahashi Naohito, Soichi Masuo (RIP) e Suzuki Shuji erano compagni di classe e che insieme realizzarono un fantastico progetto conclusivo.

I giorni passati allo studio Giants

Arai, lei entrò a far parte dello studio a marzo del 1997. C’era un sottogruppo dei Giants che si chiama “Studio Lions”. Era la sezione dei dougaman?

Sì, quando entrai a far parte dello studio mi misero infatti nella divisione dei Lions che appunto si dedicava all’inbetweening. Solo superata quella fase sarei potuto entrare nello Studio Giants vero e proprio. In realtà anche i primi genga di un animatore dei Giants venivano prodotti lì. Proprio quando Tadashi Shida lasciò lo studio, io passai dai Lions ai Giants.

Lei ha debuttato per la prima volta come dougaman per Let’s Go WGP nel 1997 e come gengaman per Let’s Go MAX nel 1998?

Esattamente.

C’è qualcuno che l’ha ispirata e con cui ha legato in maniera particolare all’interno dello studio?

Kimiharu Muto.  Era il numero uno dei Lions e proprio grazie a lui diedi alla luce i miei primi Genga, ricordo che mi mise alla prova facendomi disegnare dei cavalli in corsa. Entrato poi nei Giants fui aiutato molto da Katsumata Shoichi, Egami Natsuki, Kamei Osamu e da Ikgami Tarou. Anche se spesso mi prendevo delle belle strigliate da loro.

Pensa di essere stato poi influenzato da loro?

Proprio no, lì non riuscivo mai a realizzare quelli che all’epoca erano i miei propositi…

Voleva realizzare qualcosa di simile ai lavori di Masayuki?

Alla fine sì, direi.  Negli anni 80 non c’erano restrizioni, semplicemente era richiesto di produrre dei disegni. Solo successivamente invece quei disegni avrebbero dovuto combaciare al meglio con lo stile della storia. Sentivo di trovarmi in un ambiente in cui mi veniva rinfacciato contro che il mio modo di pensare all’animazione era sbagliato (ride). All’epoca ormai il Kanada style stava morendo, l’unica stella nascente di tale stile era proprio Imaishi.

Quando è diventato freelancer quindi?

Sarà stato intorno al 2000. Ricordo di aver lasciato lo studio intorno al secondo cour della serie Zoids. Forse sarà stato nel 1999. Ci fu un tifone a Nerima, poi un blackout e lo studio finì allagato. Per qualche ora non potemmo proprio lavorare. Ricordo che anche tornato a casa avevo molta paura perché vivevo al decimo piano di un altissimo palazzo e dalla mia finestra si vedevano bene i nuvoloni neri ed i lampi.

C’è qualche episodio che si ricorda bene del periodo dei Giants?

C’era una raccolta di keyframes intitolato METHODS, dedicato a Patlabor 2. Quando lo comprai mi misi in testa l’idea che da quel momento in poi avrei dovuto disegnare a quel modo per sempre a quel modo. Quando iniziai a dedicarmi ai genga ricordo che mi arrabbiavo spesso con gli altri membri dello staff durante la fase di layout. Mi dicevano cose come “Ehi scemo, che cazzo disegni tutti ‘sti elementi aggiuntivi, mica sono così facili da correggere poi eh!” Generalmente, mi sentivo parecchio frustrato a lavorare dai Giants anche se mi impegnavo moltissimo per colpa di un simile approccio al disegno. Amo molto disegnare le ombre ma gli altri mi ripetevano sempre con aria piuttosto minacciosa di non aggiungere linee di divisione del colore in punti che poi sarebbero stati poco visibili. Nello stesso periodo nel quale lavoravamo a Zoids uscii anche la versione home video di Microman. La guardammo tutti insieme allo studio. Gli altri mi dissero, mentre guardavamo un episodio realizzato alla Gainax, “Eh Arai, te vorresti disegnare roba del genere, dico bene?” “Per noi dei Giants roba del genere è impossibile, vero ragazzi?”. Quella domanda mi fece stare così male che decisi di abbandonare lo studio.

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Freelance

Nei primi anni 2000 iniziò a lavorare come freelancer a titoli della JC STAFF. Disegnava già mecha all’epoca?

Disegnavo animazioni meccaniche e scene d’azione. Una mia conoscenza dei tempi della scuola di animazione lavorava lì e mi chiese aiuto sia come animatore che come supervisore delle animazioni. All’inizio lavoravo soprattutto al titolo “Konpeki no Kantai”. Dopo quella serie JC Staff si spostò soprattutto su titoli bishoujo ma che presentavano comunque scene adatte a me. Per esempio la scena con il robot del terzo episodio di Gunparade March, che mi sembrava però più una scena action che una mecha, forse  la si potrebbe definire una sorta di ibrido tra i due? Dopodiché disegnai una scena con delle motociclette disegnate nientemeno che da Yoshinari (Yoh NdT) per il quarto episodio di Melody of Olbivion. Per quanto riguarda Oblivion feci anche una scena in cui appare l’enorme fantasma di un topo nel sesto episodio. Ricordo che l’enshutsu Katsushi Sakurabi era arrabbiatissimo con me perché gli dissi che era inutile convincermi a lavorare a quell’episodio poiché non ero in grado di supervisionare ed animare quel tipo di cose, in cui la “profondità“ dei soggetti era così importante. Tuttavia ad un certo punto, quando il tempo rimasto era poco, Sakurabi si arrese e disse che avrei potuto fare quello che volevo così corsi a correggere 200 dei 300 cut che mi erano stati assegnati. Fino a quel momento pensavo che correggere ad una tale velocità fosse impossibile, soprattutto perché all’epoca persino ogni piccolo influsso del Kanada Style veniva subito corretto. Tuttavia, se usavo un approccio alla Masami Obari tutto mi sembrava più semplice, anche se originariamente avrei dovuto usare una timesheet molto meno dinamica. Nemmeno l’animazione mecha o quella d’azione avrebbe dovuto utilizzare una timesheet così estrema (ride), anche in casi come il sesto episodio di Higurashi.

(In tutto questo è stato creditato soltanto come assistente supervisore delle animazioni ndT)

Le sue sfide

Il suo primo vero lavoro di supervisione delle animazioni di un episodio è stato La legge di Ueki #05.

Arrivato alla Deen mi dissero che avevano bisogno di una personalità carismatica perché il supervisore delle animazioni che doveva dedicarsi all’episodio si era ritirato. Così pensai “wow, mi piacerebbe proprio sostituirlo” così fissai un colloquio con il regista. Parlammo un po’, leggemmo il materiale originale, mi rividi un po’ nei personaggi ed infine il regista addirittura mi disse: “Arai, lei assomiglia un po’ a questo personaggio”.  Dopo Ueki lavorai lì ed in particolar modo venivo impiegato per quelle scene d’azione che necessitavano di un po’ di fanservice come per esempio nel settimo episodio di CODE-E in cui realizzai una scena piena di scintille che illuminavano una zona oscura. Mi sembra di aver raggiunto un ottimo bilanciamento tra realizzare quello di cui gli studi necessitavano e quello che mi piaceva disegnare. All’inizio i producer erano un po’ impauriti ma per fortuna tutto andava spesso per il meglio. Dopodiché lavorai appunto ad Higurashi. Parlai con uno dei pezzi grossi dello studio e dissi lui “Mi piacerebbe realizzare scene mecha, ma mi sembra che il futuro della Deen si stia spostando verso una strada piuttosto diversa” così lui mi disse “Beh, se vuoi ti presentiamo allo studio Sunrise. Potresti provare a lavorare Gundam”. Con Gundam intendeva Mobile Suit Gundam Seed CE 73 STARGAZER del 2006. Lavorai alla Sunrise ma mii sentì parecchio frustrato così tornai alla Deen e continuai con Higurashi (ride).

Quando incontrò per la prima volta un animatore con il quale sentiva di poter andare d’accordo, anche stilisticamente parlando?

Pochi giorni prima di cominciare a lavorare ad Higurashi vidi dei disegni di Seiya Numata. Sapendo che avrebbe lavorato anche lui ad Higurashi ero parecchio eccitato. L’avevo già incontrato durante la produzione di “CODE-E” e dopo aver finito quel lavoro ci frequentammo sempre più. In quel periodo mi chiedevo continuamente “Chissà se Numata starà bene, sono un po’ preoccupato”. Quella produzione fu in effetti un po’ una sfida, ma andò tutto per il meglio. Tuttavia dopo Higurashi tornai a venire corretto da quasi tutti i supervisori delle animazioni. Successivamente incontrai anche Hiroshi Ikehata e con il suo apporto si creò un ambiente davvero stimolante, dove potermi mettere alla prova. Pensai che c’erano le chance per realizzarmi stilisticamente con lui e mi sentì di nuovo giovane. Dopo aver conosciuto Ikeahata ebbi la sensazione di aver incontrato un vero amico.

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Higurashi no naku koro ni #22

Per “CODE-E” ha anche realizzato uno storyboard. Fu la prima volta che si dedicò ad un lavoro di questo tipo?

Esatto. Mi chiedevo sempre se volessi davvero misurarmi con uno storyboard. Dopo Higurashi sentivo di essere diventato una personalità di riferimento all’interno dello studio, immaginavo che me lo avrebbero anche lasciato produrre uno storyboard. Così mi dissi “non mi piace rimanere sempre sulle stesse cose quindi dovrei provarci”. All’epoca mi sentivo proprio il vento in coda.

Che tipo di esperienza fu?

Fu divertente, l’ultima parte dell’episodio a rivederla ora non è proprio il massimo ma nel momento in cui realizzai lo storyboard tutto mi sembrò così fantastico.

Era pieno di immagini davvero impressionanti.

Era proprio quella la mia intenzione. L’obiettivo era quello di realizzare tanti movimenti di camera con però tanti disegni statici. Certamente una bella pensata, ma non la eseguimmo poi così bene. Tanti elementi furono tagliati dall’enshutsu. Immagino fossero trovate troppo rischiose. Forse il regista dell’episodio voleva proprio puntare sulla qualità delle animazioni e sulla fotografia, e non il contrario (ride).

I lavori con Hiroshi Ikehata e con Akira Amemiya

Quando vi incontraste per la prima volta?

Durante la produzione dell’episodio 6 di Onegai My Melody Kurukuru Shuffle.

Con Ikehata?

Ikehata guardò l’episodio 22 di Higurashi e scrisse sul suo blog che aveva notato dei genga che gli ricordavano quelli di Machine Robo ma che non sapeva chi lo avesse realizzato. Da quel post nacque la collaborazione di Maimero.

Ikehata è diverso dagli altri registi con cui aveva lavorato fino ad allora?

Assolutamente sì! Essendo lui stesso un disegnatore sa come parlare agli animatori e spesso dice semplicemente “realizza un’animazione che tu stesso vorresti vedere!”. Inoltre è molto bravo a fare compromessi con il personale organizzativo della produzione. Un regista normale non medierebbe mai, semplicemente cercherebbe di evitare il conflitto in tutti i modi possibili. Al contrario lui non ha paura di far lavorare “personale pericoloso” anche quando questa scelta potrebbe essere motivo di conflitto. Ikehata pare davvero divertirsi con tutti, e sembra perfino imparare qualcosa da tutti coloro con cui lavora. Anche quando un giovane dice lui “vorrei realizzare questa cosa qui” Ikehata vuole spronarlo a tutti i costi per fargli raggiungere il risultato ideale che quell’animatore aveva in mente. Eh sì, ci siamo divertiti tanto insieme.

Nel settimo episodio di Hayate the combat Butler ha realizzato lei la scena dell’elicottero?

Sì, era un robot elicottero, una parodia di Gurren Lagann. Penso che questo sia molto visibile in ogni cut ma c’erano dei punti in cui i disegni si deformavano tantissimo. Ikehata mi aveva detto di fare quello che volevo. Non ho proprio niente per cui lamentarmi riguardo a quella volta.

In una Doujishi di Akira Amemiya c’è scritto che lei ha realizzato nell’ottavo episodio di Zettai Karen Children la parte A in associazione come Amemiya. Cosa significa?

Essenzialmente quell’episodio non fu diviso nettamente tra parte A e parte B. Sono presente in ambe due le parti assieme ad Amemiya ma nella pianificazione ufficiale dovevo realizzare la parte A.

Nel trentasettesimo episodio invece furono reclutati anche animatori provenienti dal web.

Eravamo alla ricerca di animatori senza alcuna esperienza come gengaman per realizzare delle GIF per un progetto che avevamo chiamato affettuosamente ABE 48 (Arai, Ikehata e Amemiya, penso sia un nome simile a quello di un gruppo idol basato sulle letture alternative dei kanji NdT) perché all’epoca eravamo diventati amici di un membro dello “Shingo Yamashita Fan Club”. Pensai “Facciamo bene ad affidarci totalmente a questi novizi?” e parlai della mia preoccupazione ad Ikehata. Amemiya però poi mi disse che se non avessi trovato un sakuga kantoku adatto a supervisionare l’animazione (digitale NdT) allora sarebbe arrivato in prima persona ad aiutarci. Sono in debito con lui per questo.

Quando ha incontrato Amemiya per la prima volta?

Durante il settimo episodio di Gurren Lagann. Intorno al periodo di programmazione del primo episodio fui invitato da Ikehata a vedere i ciliegi in fiore assieme ad Amemiya, che guardò sul mio sito internet qualche illustrazione di robot. Disse che gli piacevano tantissimo così mi chiese se volessi lavorare a Gurren Lagann. Purtroppo all’epoca non mi ero fatto ancora un nome, così non potei abbandonare i miei lavori che stavo facendo per la Gonzo per gettarmi su Gurren Lagann quindi dovetti concluderli per poi mettermi a lavorare su quella serie. Fu la prima volta che venni ringraziato per un mio lavoro di animazione mecha. A fin dei conti, quell’episodio di Gurren Lagann, quello di Hayate e di Zettai Karen Children hanno avuto gli stessi registi e lo stesso staff.

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Tengen Toppa Gurren Lagann #22

Il suo impegno

Anche l’episodio 5 di Kyōran Kazoku Nikki fu parecchio caratteristico.

Quell’episodio è tutto un grande tributo all’anime Bismarck. Il regista dell’episodio, Mutaguchi, aveva richiesto proprio questo ed il meeting con lui durò davvero poco, meno di 30 minuti. Poi parlammo di animazione per altre 4 ore. “Se non mi dici nulla, correggerò tutto come voglio io”, “ma ci possiamo mettere una bella background animation anni 80’, “vedrai che verrà tutto bene”, lo tempestai di frasi del genere e alla fine Mutaguchi disse “ma sì, mettiamoci una bella background animation “. Non avevo mai visto come il Kanada style gestiva certi problemi ma avevo una certa conoscenza dello stile di Yamashita e di Koji ito quindi sapevo un po’ come operare. Mutaguchi aveva lavorato allo studio G-1 e quindi conosceva molto bene Masami Obari. Mi disse “è molto Obari questa parte” e mi fece vedere una copia del cut di Yoshinori Kanada di Gaiking  e così cominciammo una grande disquisizione tra sakuga otaku: “L’hai mai visto questo?” “no, guarda che non è questo cut”. Da quella discussione nacque una fiammata che inserì nell’episodio ed anche Mutaguchi realizzò lui stesso dei cut speciali. Lui sapeva che non avrebbe avuto il tempo di lavorare troppo a quell’episodio quindi mi disse di fare come meglio credevo ma mi sembrava una cosa da maleducati non cercare di ricreare una parte quello che avrebbe voluto lui stesso citare. Oggi si dice che le luci splendenti di Yoshinori Kanada a forma di croce nascano dai riflessi di luce. in realtà originariamente tali luci non erano la rappresentazione dei riflessi. Al contrario, si tratta di aloni creati dalla telecamera quando la luce è riflessa su di un meccanismo o su un pezzo metallico, per cui il disegno non ha bisogno di una colorazione a pennellate forti. Parlando con Itsuki Imazaki e con Seiya Numata riflettemmo sul fatto che al contrario i riflessi trasmessi da Kanada erano spesso rappresentati attraverso forti pennellate durante la colorazione anziché attraverso l’uso di bagliori quindi per realizzare l’aeroplano in quell’episodio tentammo di emulare quella tecnica delle pennellate. Col tempo però quella parte iniziò ad assomigliare troppo ai lavori anni Novanta di Obari così decidemmo di fermarci. Negli anni 80’ si potevano realizzare delle dissolvenze attraverso un unico frame (non sono certissimo di questa traduzione), come faceva Tomitaka Yokokawa e Mutaguchi probabilmente voleva inserire un cut dove si vedesse bene il cielo. “Va bene, faremo questa dissolvenza alla fine del cut del cielo ma la faremo in un unico colpo!” Mentre scrivevo e disegnavo queste istruzioni mi accorsi che Mutaguchi aveva scritto un’unica parola tra i suggerimenti: cielo (ride). In parte avevamo rispettato la sua volontà ma c’erano mille altre cose che non avrebbe voluto.

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Kyōran Kazoku Nikki #05

Nell’episodio 12 di Higurashi sono rimasto molto colpito dalle ombre della scena dei ricordi.

All’epoca, dopo CODE-E mi dissero che avrebbero voluto un trattamento simile per Higurashi da parte mia. Non c’era molta azione, semplicemente un soldato che viene fuori dal nulla e spara con un cannone. Non ho disegnato quella scena io stesso, l’ho solo diretta e mi dispiace molto per chi l’ha realizzata al posto mio. Quello sparo è stato fortemente influenzato da un episodio che amo moltissimo da Machine Robot Battle Hackers: c’è una fantastica scena di Tsutomu Oshiro in cui i nemici della serie, i soldati Glendos stanno per fare irruzione nel campo nemico attraverso una trivella. Il contrattacco è gestito un cannone Balkan e da dell’artiglieria in stile vulcan (cannoni con due piccole canne, tipicamente usati nella contraerea) il cui timing è formato dalla ripetizione di azioni da 6 e 9 frames ciascuna. Quando vidi quella scena pensai “è fantastico, voglio proprio vedere se riesco a produrre una buona timesheet con questo numero di frames”. Volevo provare a realizzare qualcosa di così divertente anche su Higurashi. Tanto alla fine la versione tv era stata posticipata.

Panty & Stocking with Garterbelt 12

Nell’episodio di Amemiya di Panty & Stocking sembra evidente che lei abbia tentato in tutti modi di creare dei disegni “fighissimi”, ma esattamente cosa rappresentavano?

Amemiya voleva fare una parodia del film dei Transformers del 1985 ma prima di mettere in scena tutto chiese un parare a Toshiyuki Sato che gli disse che quello stile era terribilmente dettagliato. Alla fine però quella conversazione si trasformò in una vera e propria dichiarazione d’amore per i Transformers e da quel momento in poi non si riuscì più a tornare indietro, così decidemmo di inserire tutte quelle ombre color alga giapponese (ride). Non voleva essere qualcosa di stupido, volevano essere davvero dei disegni ricchi d’affetto per il film. Prima di darci alla pazza gioia però chiedemmo a più persone possibili se quello che stavamo per fare sarebbe stato accettabile (ride).

Sembra che lei abbia studiato un po’ dell’animazione straniera per quelle scene.

In realtà è stato un po’ un problema. Originariamente Panty & Stocking doveva basarsi sulle classiche flip flap mouths tipiche dell’animazione giapponese ma poi si è deciso di aggiungere dei frames per rappresentare il pronunciamento delle vocali e delle consonanti, uno degli aspetti più complicati dei cartoni esteri. Si tratta di qualcosa di totalmente diverso rispetto agli standard dell’animazione televisiva ed oltre a questo bisognava realizzare ogni posa della bocca con lo stile originale dei Transformers, che all’epoca seguiva regole un po’ diverse da quelle appena descritte. Non capivo praticamente nulla così ho scambiato un sacco di email con Amemiya. È stato davvero difficile. Il mio stile è molto lontano da tecniche del genere, non voglio tornare a fare cose simili e se proprio sarò costretto farò di testa mia. Da ogni punto di vista, non era roba da animazione televisiva quella. Anzi, mi chiedo proprio se fosse stato ok trasmettere quelle scene. “Vabbè” dicevamo tra di noi “Tanto la responsabilità non è nostra, è di Amemiya”(ride).

È stata una sua idea quella dei genga alla Machine Robo (1986)?

Nello storyboard c’era proprio scritto “Voglio che Arai faccia questa scena”. “Oh, va bene” dissi visto che volevo fare un sacco di scene. Al meeting d’animazione Amemiya portò con lui un sacco di illustrazioni dei Transformers anni 80’. C’erano anche dei meravigliosi libri con i disegni di gente del calibro di Shinya Ohira, Masayoshi Tano e Matsuo. Anche se non c’era scritto da nessuna parta, decidemmo che il Robot Panty avrebbe avuto una colorazione alla Matsuo/Ohira. Tutto questo avvenne mentre stavo già lavorando a Star driver, era stato appena ultimato il terzo episodio. Mi dissi così: “Prendiamoci una pausa da Star Driver”.

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Panty & Stocking with Garterbelt #12

Star Driver

Stava lavorando a Star Driver senza poter vedere in anteprima il lavoro degli altri animatori?

Esattamente. Lavoravo da casa, quindi non potevo vedere i genga degli altri animatori. Ogni volta chiedevo all’assistente di produzione che veniva a prendere i disegni se quei genga fossero stati accettabili o se lo staff principale si fosse arrabbiato con me.

Ed erano soddisfatti?

Sì.

La presenza dell’enshutsu ha influito molto in questo senso?

Certamente. Gli assistenti di produzione Bones mi chiedevano se me la sentivo di realizzare una certa scena e a detta loro quando Matsuo vedeva i miei disegni li voleva correggere completamente ma Nagano e Muraki spesso gli dicevano “questi disegni sono decisamente grezzi, ma correggendoli perderebbero il momentum che hanno ottenuto dallo stile del loro autore”. Quello doveva essere lo spirto di Star Driver secondo Muraki: “un progetto energizzante che utilizza il potere dei disegni in libertà” per cui se eri abbastanza caratteristico da non distruggere il momentum molto spesso non toccavano nemmeno i tuoi disegni. Tuttavia questo non avveniva spesso durante il processo di compositing, infatti spesso lo staff della fotografia ha utilizzato un eccessivo blurr nelle mie scene. Ad un certo punto però Matsuo ha ordinato di non blurrare più niente perché aveva compreso che quelle erano citazioni a Koji Ito (ride). Gli sono grato per questo.

Quindi le animazioni del terzo episodio erano delle citazioni a quelle di Koji Ito?

Sono Andato allo studio Bones per la prima volta per la produzione del terzo episodio, per incontrare Nagano, Matsuo e Muraki. Dissi loro “Il mio stile è davvero in linea con quello che vuole produrre Bones?” e loro mi risposero “Non ti preoccupare, lascia fare a noi”. Quando mi chiesero a chi mi ispiravo risposi molto francamente “imito lo Yoshinori Kanada dei primi anni 80’, amo molto Machine Robot e Bismarck. In questo ultimo periodo mi ispiro soprattutto a Yamashita, Koji Ito e a Tomitaka Yokokawa, conosco bene quello stile e ho esperienza con quel tipo di effetti”. Muraki era parecchio sorpreso da quello che gli dissi, soprattutto perché Ito a quanto pare era poco conosciuto. “Quanti anni hai giovine?” “Ehm, intorno ai 30 anni…” Muraki rimase davvero colpito. Ogni volta che andavo lì, proprio quando la tensione sembrava alzarsi iniziavamo a chiacchierare e tutto diventava tremendamente divertente.

È stato influenzato o ispirato dai disegni di Star Driver di qualche altro animatore?

Certo, per quanto riguarda il terzo episodio la mia idea era quella di usare delle timesheet molto larghe per aiutarmi a mantenere costanti le posizioni. Rispetto ai disegni degli altri trovai assolutamente accettabili e perfino carini i miei genga, cosa che mi fece pensare che il mio approccio era giusto. A quell’episodio lavorò molto anche Takahiro Shikama e quando vidi suoi cut pensai “ah, quindi è così che i ventenni talentuosi giocano con le pose”. Scoprì che Shikama cominciava le sue animazioni direttamente con una sua visione della timesheet ideale e poi la correggeva se notava degli errori. Pensai che anche io potevo fare una cosa del genere, partire da una timesheet molto regolare per poi manipolarla in maniera estrema tagliando molti frame per dare l’effetto che desideravo.

Effettivamente è un modo di approcciarsi alla timesheet abbastanza particolare.

L’episodio 3 mi bloccò davvero. Realizzai anche un cut che finì nell’animation bank della serie, quello in cui viene sguainata la spada stellare.

Era un cut originariamente pensato per essere inserito in una animation bank?

Normalmente quando si parla di animation bank, studi come Bones o Sunrise seguono un sacco di pattern che vanno seguiti dai professionisti quindi rimasi un po’ stupito che quel cut fosse stato scelto per entrare nella bank.  Guardando lo storyboard mi resi conto che assomigliava molto a quei cut delle bank di anime come le Brave Series quindi capì che in un certo senso andava bene. Quando prima parlavo dei cut ispirati a Koji Ito mi chiedevo se sarebbero andati bene anche se fossero stati blurrarti ancora un po’ ma penso che al contrario quel cut sia stato scelto proprio perché non aveva paura di essere caratteristico e se fosse stato un po’ meno esagerato sarebbe stato decisamente scarno. Più precisamente l’aggiunta all’animation bank avvenne già durante il processo di layout e in quel frangente l’idea era quella di realizzare un genga molto meno scuro. Il rapporto tra genga e layout era, diciamo di 120% a 100% in termini di potenza. Mentre componevo il layout pensavo che se mi fossi basato solo esclusivamente su quel genga avrei rischiato comunque di venire corretto ed infatti quando i genga furono completati questi ultimi ottennero dei responsi molto più positivi rispetto al layout stesso.

Kanada Style

Quando pensa ad un’animazione o ad un disegno decide anche quale personalità vuole imitare?

Uhm…quanta tensione—(ride). All’inizio Muraki mi disse che il mio stile era un rip-off di quello di Yoshinori Kanada ed io gli risposi “beh, certamente” mentre ora preferisco parlare di “Kanada-style” in quanto “Kanada follower”. Negli anni 80’ Gli imitatori di Yoshinori Kanada già allora venivano chiamati “rip-off di Yoshinori Kanada”. Da quello scambio di parole con Muraki ho iniziato ad utilizzare il termine “rip-off” in maniera più consapevole. In questo senso direi che i miei genga di star driver sono dei rip off di Kanada perché sono ispirati allo stile di animatori i quali erano loro stessi dei rip off di Kanada, come nel caso di Koji Ito. Dico questo perché tutti quegli effetti realizzabili soltanto utilizzando un righello ed un protrattore. Sì volevo imitare Ito e Matsuo, principalmente. Nel settimo episodio poi c’è un chiaro riferimento ad un cut di Ito della serie OAV Tokusō kihei Dorvack.

Parla del Gekitou Power Armor?

Sì esatto. I raggi nell’animazione odierna durano dai 6 ai 9 frames. Koji Ito li faceva durare 2 secondi (ride). Tuttavia una roba simile non era fattibile per via delle differenze di scala tra Dorvack e Star Driver, quindi l’ho resa un po’ più breve, circa 12 frames al secondo.

(Gekitou Power Armor da Tokusō kihei Dorvack)

Lo voleva fare però (ride).

Certo! (Credo che in questa parte Arai descriva nel dettaglio la scena e cerchi di fornire una paternità ai vari cut. Secondo lui la parte finale non è di Yamashita o Ito ma di Yokokawa, che ritiene più solenne degli altri due ndT). All’inizio pensavo che avrebbero tagliato quella parte in fase di editing ma alla fine sembra quasi che me l’abbiano rallentata (ride).

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Quando vede una certa scena riesce a riconoscere l’animatore che l’ha realizzata?

All’inizio della mia carriera i fan site dedicati agli animatori erano totalmente in divenire e i fan di quella generazione conoscevano soltanto Masami Obari e Masahiro Yamashita perché erano ancora attivi e famosi dal momento che Yokokawa aveva, quasi sicuramente, concluso la sua carriera. Riconoscevo facilmente un sacco di quegli animatori che avevano cominciato la loro carriera attorno a quegli anni. Oggi al contrario conosco pochi tra i novellini. Tra i membri del Kanada Style alcuni divennero famosi, ed altri furono costretti a cambiare lavoro. In quest’ultima categoria c’erano un sacco di bravi animatori. Solo una parte di queste persone sono diventate famose ma sentivo comunque il desiderio di conoscerle meglio. Consciamente, mi sforzavo di comprendere le loro caratteristiche più pregnanti e cercavo di imitarle.

Lo faceva per rispetto quindi. Quali altri nomi sono importanti a suo dire?

Masayoshi Tano, le sue scene di Megazone 23 PART II con l’elicottero VOLN chiamato Ufuu sono davvero meravigliose. Mi hanno impressionato tantissimo quando le vidi per la prima volta, all’epoca ancora non conoscevo ancora il nome dell’animatore.

Qualche altro?

Shinya Ohira, no no non lui, Atsushi Yano. Takuya Wada di Neo Media. Takahashi Asao, Shimoda Masami, Koi Sato, Matoba Atsushi, tutti quelli di PNC. Takahashi Asao è quello di Gravion, ma credo che anche Matoba Atsushi ci abbia lavorato. Matoba probabilmente è ancora attivo. Probabilmente non è più molto attaccato al Kanada Style, realizza scene molto più standard.  Takahashi Asao è ancora un “rip-off” di Kanada ma ha uno stile davvero personale nel realizzare le animazioni mecha. C’è anche Hattori Ken che è davvero interessante e Masaharu Tada che ora è uno degli animatori veterani di Naruto.

Anche se si definisce un rip-off di Kanada i suoi disegni sembrano ben più precisi.

Sono abituato a premere molto poco con la matita. Il mio tratto è molto fine per cui i molti dettagli servono a dare una certa consistenza al disegno. Apprezzo molto quegli stili “ad alta densità” come quello di Machine Robo.  A volte penso alla compatibilità dei miei disegni con i lavori odierni e credo che solo un paio degli anime a cui ho partecipato si adattassero davvero al mio stile. Non faccio apposta a renderlo così fine e strano, se ci riuscissi disegnerei anche in maniera diversa. Ma non ci riesco, quindi finisco sempre col preservare com’era originariamente (ride).

Ci sono alcuni suoi lavori che l’hanno colpita in qualche modo?

Su una rivista o su internet, quando si nominano i vari titoli, dovrebbero apparire immagini generiche di quei cartoni, dico bene? Vediamo un po’, allora: Zettai Karen Children, Hayate, Gurren Lagann e tra i più recenti Star Driver. Questi lavori sfruttano quasi tutti i character design spesso deformandoli quando possibile. I disegni divengono qualcosa di fuori controllo, ma spesso questo approccio deviato riesce bene. Tuttavia, su Ueki, CODE-E e Shounen Onmyouji mi sono occupato della supervisione dei disegni seguendo i design originali. Tra me e me pensavo “cerchiamo di rappresentare degnamente questo personaggio” ma con questo non intendevo seguire esattamente i dettami del supervisore capo (sousakkan n.d.T.). Pensavo continuamente: “forse questo tipo di disegno è più adatto in questa scena” “proviamo a disegnarlo a questo modo”. Cercavo di capirlo da solo, andando nella direzione di mostrare la mia personale visione di quel che stavo disegnando, “voglio portarlo ad un livello pregevole” pensavo. Continuando a lavorare ho compreso però che non possedevo le abilità necessarie per essere un grande supervisore delle animazioni. Anche se mi impegnavo, bene o male riuscivo a comprendere dove stavano i miei limiti. Così ho provato a sperimentare (con le animazioni), chiedendomi quale fosse la mia arma vincente. Non sono semplicemente scappato dalla supervisione, ho cercato le mie risposte e sono giunto alla conclusione che (l’animazione in senso puro) era la mia arma più potente.

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