Daicon IV: un’analisi approfondita

 Daicon.

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A questa parola la maggior parte di voi assocerà i corti omonimi, cerimonia di apertura animata di due oramai mitiche fiere dello sci-fi in Nipponia. O ancora meglio qualche esilarante e grottesca scena del J-Drama Aoi Honō. Ad ogni modo, a mio avviso ogni appassionato di animazione giapponese dovrebbe conoscere almeno il secondo corto della serie  e proprio per questo ho deciso di scegliere Daicon IV come primo argomento da trattare in questa serie di articoli dedicati all’analisi complessiva di prodotti animati. Uno degli scopi  di questo articolo è, ve lo svelo fin da subito, farvi notare le miriadi di scelte tecnico artistiche che compongono questo corto dalla durata di appena sei minuti e con animazioni effettive per poco più di tre. Dietro ad ogni scelta spesso vi è un significato particolare, perciò nonostante sia facile apprezzare  serie televisive, serie OVA/OAV o  film è pressoché impossibile comprederli appieno.

Per via della breve durata del cartone in questione, questa volta invece sarà possibile spingerci oltre, fino alle unità narrative più piccole. Prima di addentrarci nel corto cut per cut è bene raccontarvi cosa ci è trapelato riguardo al suo processo di produzione. Daicon IV è stato prodotto da circa dodici persone all’interno della Hosei Kaikan, una stanza vuota di uno stabilimento tessile nei pressi di Osaka. Era possibile uscire dallo stabilimento solo durante il giorno per motivi di sicurezza pertanto spesso la maggior parte dei membri dello staff si trovava chiuso dentro a lavorare tutta la notte. Durante il giorno invece, il sonno era disturbato dal calore estivo e dal rumore delle macchine in funzione. Ciò per tutti i tre mesi estivi, senza aria condizionata.

Ad Hiroyuki Yamaga fu affidato il ruolo di regista anche se non sono pervenuti storyboard o indicazioni scritte di cui è autore e questo ci induce a pensare che probabilmente questo sia stato più che altro un ruolo “fantasma” più simile a quello di assistente di produzione che ad un regista vero e proprio, supervisore estetico dal potere assoluto. Quel che è certo però è che Yamaga ha sempre ammesso di non saper disegnare così bene da potersi dedicare alle illustrazioni o all’attività di animatore.  Come nel precedente Daicon III Hideaki Anno è メカ作画監督, ovvero Mecha Sakuga Kantoku (direttore dell’animazione dei Mecha); mentre Takami Akai è アクション作画監督,  ovvero Action Sakuga Kantoku (direttore dell’animazione d’azione). Su questo torneremo dopo quando ci sarà da analizzare uno specifico cut. I due sono  gli autori dello storyboard complessivo del corto. Toru Sageusa, autore di tutta la background art del corto, ha successivamente deciso di abbandonare il sogno di divenire un professionista nel campo della animazione e pertanto non abbiamo di lui ulteriori notizie.  Norifumi Kyozumi,  animatore sopravvissuto nell’industria fino agli anni 90(ricordiamo anche la sua esperienza nel mondo di LOGH come mecha designer ed  episode director), Yoshiyuki Sadamoto e Mahiro Maeda, che non han bisogno di presentazioni, si sono dedicati alla pura e semplice ANIMATION.  Da qui si evince un punto saliente di Daicon IV, vale a dire la totale mancanza di inbetweeners. Non siamo ancora ai livelli di Mitsuo Iso negli anni 90’, dove viene abbattuto completamente il concetto di animazione formata da key-frames e inbetween-frames  per accentuare il realismo dei più piccoli movimenti  ma già qui gli animatori hanno ottenuto la libertà di poter gesitire a loro piacimento il numero di genga (keyframes) e di douga (inbetweens) sotto l’ala dei sakkan (direttori dell’animazione), i quali hanno animato personalmente diversi cut. Questa modalità inconsueta, senza inbetweeners appunto, ha permesso in particolar modo a 2 animatori: Hideaki Anno e Mahiro Maeda, di poter sfruttare al massimo le loro skills particolari e le loro conoscenze.  Successivamente, a causa di ritardi nella schedule e di mancanza di manodopera altamente qualificata sono stati assunti i seguenti animatori: Ichiro Itano, Kazutaka MiyatakeNarumi Kakinouchi, Sadami Morikawa, Toru Yoshida e Toshiro Hirano. Forse solo il primo o il secondo nome di questa lista vi solleticherà la memoria ma basta aprire i link di ANN per accorgersi dell’esperienza di questi veterani, teorici di grandi innovazioni nella key animation negli anni 80’.

Qui dunque sorge un nuovo punto interrogativo: siamo davvero sicuri che queste impressionanti animazioni siano effettivamente opera del futuro regista di Neon Genesis Evangelion?
Certamente è lui l’autore degli storyboard, come di tutte le scene con protagonisti i mecha o gli effetti, ma non abbiamo alcuna prova concreta della realizzazione completa dei cut ad opera sua. È molto probabile a mio avviso che queste complesse animazioni siano state realizzate nella quasi totalità degli animatori più esperti insieme ad Anno, cut dopo cut, dividendosele minuziosamente. A sostegno della mia tesi vi è per esempio lo stile di disegno degli edifici nel primo cut linkato sopra. Nel secondo cut sono disegnati in modo molto realistico e presentano dei tralicci e pannel-lines simili a quelli che vedremo poi nella Neo Tokyo 3 evangeliana. Nel cut 5 invece presentano delle color lines molto vicine al superflat di Yoshinori Kanada, senza molte pannellature o tralicci che ricordano molto il modo di gestire il terreno presente in molte direzioni delle animazioni anni 80 ad esempio in Birth, in Gu Gu Ganmo o in Sasuga no Sarutobi. Come si può notare  le color lines sono quasi nulle al fine di esemplificare al massimo gli oggetti, rendendoli privi di dettagli futili e più semplici da animare. A questo modo lo spettatore si concentrerà sul movimento effettivo della telecamera e percepirà più autenticamente l’illusione tridimensionale che si è andata a creare. Ci sono altre particolari scene ma preferisco non dilungarmi ancora sulle mie opinioni personali per tornare a parlare di fatti.

Il corto originariamente doveva durare quindici minuti ed essere registrato su una pellicola da 16 mm ma per colpa della peggior piaga del mondo degli anime, la schedule, fu registrato nella sua incompletezza su pellicole da 8 mm trovate dopo una disperata ricerca a casa di amici la mattina dell’inaugurazione della convention. Le musiche, le canzoni Prologue e Twilight degli Electric Light Orchestra furono inserite senza pagare i diritti e proprio per questo motivo tutt’oggi non è possibile produrre una versione in alta definizione del corto. Per pagare il debito contratto con gli animatori supplementari i produttori Toshio Okada e Yasuhiro Takeda decisero di auto produrre delle copie home video da vendere alle future convention proseguendo così l’esperienza da loro cominciata con Daicon III e successivamente consolidata da Mamoru Oshii con Dallos. Daicon IV è quindi il terzo OAV della storia dell’animazione! L’edizione home video fu curata dallo stesso Kazutaka Miyatake tornato nell’azienda in cui era dipendente, lo Studio Nue (già  famoso per le cover di Starship Troopers e i mecha design di Yamato). L’operazione ebbe successo e riuscirono a pagare tutti i debiti. Grazie a questo piccolo grande successo, anche economico, fu possibile fondare lo studio Gainax.

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Ora passiamo all’analisi dei singoli cut.

Titolo bicolore su sfondo nero, titolo bianco su sfondo nero, Daicon III. Dissolvenza. Titolo bianco su animazioni. Comincia il breve riassunto della trama del precedente corto, questa volta però con nuove animazioni completamente rifatti.  Una astronave, vista in soggettiva da dietro atterra sopra un paesaggio rurale. Nella prima versione, quella del Daicon III le animazioni avevano un framerate davvero basso che rendeva  scattosa e poco realistca la background animation. Per non parlare della nave poi, che per via dei colori piatti e dei pochi dettagli assomigliava più ad un giocattolo di plastica che ad un elemento di attrattiva per un fanatico del mecha design degli show sci-fi.  Con Daicon IV invece il il framerate  aumenta,  il timing si fa più regolare, il terreno è disegnato con una maggiore precisione e il coloring è decisamente più realistico. La nave invece presenta degli effetti di cinematografia che ci abbagliano proprio dietro ai propulsori, tante pannellature e dei riflessi tipici del Kanada Style. Ora pare proprio una vera nave di metallo piuttosto che un giocattolo.

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Vediamo poi la protagonista in un mezzo busto colpito dalla folata di vento provocata dalla navicella e nei tre cut successivi vediamo il dono da parte dell’equipaggio di quel fatidico bicchiere che servirà poi per far “crescere” l’astronave Daicon. Qui non è possibile fare un vero paragone con il precedente corto ma è possibile notare come il closeup sul marinaio velocizzi di molto l’economia narrativa di questa singola parte del riassunto.  Successivamente vediamo la vecchia powersuit di Starship Troopers, questa volta disegnata in seguendo lo stile di Kanada e non quello di Okawara come nel precedente corto, mentre insegue la bambina. Il costante cambio di inquadrature con le soggettive fa focalizzare l’attenzione dello spettatore su quello che succederà fra un attimo, nei cut successivi, creando un botta e risposta che trova il suo finale momento di tensione durante l’apparizione di Gomorra, Kaijuu di Ultraman. Successivamente troviamo poi un cut inedito, dove un gran numero di personaggi sci-fi lancia un raggio verso la città, dove vedremo dopo pochi cut si trova Bullton (altro nemico di Ultraman). I successivi segmenti sono senza dubbio di alta qualità ma non vedremo la distruzione effettiva del mostro, forse unica pecca registica di questa introduzione. Ci sarà poi un uso dello spilt screen e per concludere un Itano Circus che per quanto sia decisamente poco curato dura per circa un secondo pertanto non è così invasivo da creare confusione o fastidio nello spettatore.  Troviamo poi una inquadratura simile a quella del precedente Daicon dove però l’astronave-ravanello è decisamente più dettagliata, ricordando molto i design di Space Battleship Yamato dello Studio Nue. Questi cut sono ovviamente ad opera di Kazutaka Miyatake. I successivi due sono invece riconducibili ad Akai che svolge un ottimo lavoro nel timing dell’ abduction della protagonista. Questa è una delle prime scene della storia dove troviamo una bambina “kawaii” in uniforme militare, tuttavia non va erroneamente inserita in un contesto moe ma in uno fortemente giocoso e comico, che punta ad un sorriso figlio del contrasto tra la larga e severa uniforme da Capitano Okita all’espressione gioiosa della bimba.  Infine vediamo nuovamente dettagli meccanici della astronave realizzati da Miyatake. Essa vola velocemente nello spazio e  qui ha fine il riassunto.

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Titolo su schermo nero, dissolvenza, parte la bgm. Lentamente appaiono stelle e scritte in sovraimpressione. Sono il testo della canzone Prologue che ben descrivono il mondo della fantasia dove le menti degli otaku dimorano.  Appare  la sagoma trasparente della Daicon.  Proprio la musica si appresta a concludersi vediamo apparire nuovamente la protagonista del precedente corto  a figura intera che velocemente si allontana da noi. A questo punto comincia la canzone Twilight ed il cielo stellato si fa per un attimo rosso e la bambina ci viene reintrodotta cresciuta, mentre indossa orgogliosa un costume da coniglietta di Playboy. Questi cut gridano a gran voce allo spettatore che questo è  un corto diverso dal precedente, più maturo stilisticamente e con una dose ancora maggiore di fanservice. Dopo un set di pose dinamiche vediamo un frenetico combattimento contro dei mobile suit della serie Gundam ed creature del mondo dei tokusatsu. Gli assalitori attaccano da diversi angoli e la nostra bunny girl li sconfigge con tecniche sempre diverse, variando le inquadrature fornendo così alla scena una grande dinamicità. Mostro dopo mostro, arriva a scontrarsi con Darth Vader. La cosa interessante però è che lo stile di scherma dei due personaggi ricorda molto più quello dei samurai che quello del film originale tanto che troviamo degli Stormtrooper nell’atto di incitare il loro signore e dei movimenti di camera tipici dei chanbara dove la telecamera si sposta a destra o a sinistra a seconda del combattente che ottiene terreno.

Vediamo poi uno Xenomorph combattere utilizzando il Discovery One di 2001 Odissea nello Spazio che lancia shockwaves verso il terreno utilizzando un buffo insieme di timing diversi che finscono col colpire la protagonista. Mentre si trova in questa situazione di vulnerabilità, Dynarobo, dalla serie Dynaman Sentai,  cerca di schiacciarla ma grazie alla sua superforza la ragazza riesce a lanciarlo via, come se fosse davvero leggero nonostante le caratteristiche del materiale di cui e composto. Questo cut è straordinariamente ben realizzato e a mio avviso merita un maggiore apprezzamento da parte dei fan. È necessario utilizzare un gran numero di disegni complessi per rallentare la caduta del robot, non bastano solo le key-pose di quella azione ma è necessario disegnare ogni variazione strutturale.  Celebrando il suo trionfo sull’enorme nemico la ragazza compie il primo Gainax Bounce della storia, ad opera di Takami Akai. Perché sì, l’autore dell’animazione potrebbe essere anche stato Sadamoto, come alcuni siti senza fonte testimoniano,  ma questo movimento è presente nello storyboard ad opera di Akai, il quale è quindi ufficialmente l’inventore di questa troupe.

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Da un cielo scuro arriva poi una spada volante, dalle fattezze simili alla Stormbringer delle opere di Micheal Moorcock. La ragazza le salta sopra senza esitazione ed inzia a volare nel cielo. Abbiamo poi un breve cutaway dove possiamo notare Nazo, della serie tokusatsu Moonlight Mask, Yoda di Star Wars mentre esegue una performance di rakugo. Torniamo alla protagonista, ora in volo al di sopra al paesaggio esagonale di Wellworld creato da Jack L. Shockers . Viene accompagnata da uno squadrone di aeri Ultra Hot 1 di Ultra Seven. Gli aerei allontanandosi dalla telecamera iniziano a somigliare a dei modellini e ultimato questo processo di trasformazione c’è uno stacco che ci mostra un VF-1 Valkyrie di fronte alla Macross che per qualche motivo al posto dei suoi due ponti ha L’Arcadia di Capitan Harlock e la Yamato. Se non fosse presente un background totalmente irrealistico, la caffetteria, sarebbe facile scambiare questa scena con una sequenza del film Do You Remember Love ed i modellini per veri mecha. È quindi facile intuire che sia proprio Ichiro Itano il KA autore di questa scena.  Nei successivi tre cut vengono rappresentati artisticamente i tre pilastri d’oltreoceano dell’otaku culture del passato: il Fantasy, i Comic Book americani e lo Sci-fi. Sono presenti così tante citazioni che è praticamente impossibile elencare tutte quelle del cut fantasy e di quello sci fi: Narnia, Star Wars, Pern, Thunderbirds e Ray Harryhausen vi salteranno probabilmente subito all’occhio. Il cut dedicato ai supereroi americani invece è piuttosto banalotto, con una lineup povera di personaggi e disegnata in modo stereotipato per quanto rispetti i canoni di Marvel e DC degli anni 80’. È palese come gli animatori non fossero all’epoca così appassionati di fumetti americani come lo erano di tutti gli altri filoni da loro rappresentati. Abbandonate le influenze americane attraverso un’onda simile alla grande onda di Kanagawa di Hokusai la ragazza vola vicino a personaggi di opere giapponesi. Sono tutti morti o dimenticati e per indicare questo stato sono rappresentati in modo semi trasparente.

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Dietro a questi cut è evidente il complicato rapporto dei primi otaku tra le opere di provenienza giapponesi e quelle americane, fatto di estrema passione, devozione ma anche di rivalità e orgoglio per le proprie produzioni. La  Storm Bringer si divide in 7 diverse spade di luce e la ragazza atterra con una coreografia perfettamente timeata. Vediamo poi una sorta di Itano cirus con le spade, rappresentate in modo estremamente dettagliato e con diversi tipi di timing.

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Dopo l’impatto della spada sul terreno ci viene presentato un secondo cutaway come interludio dove diversi giocattoli rappresentanti le più importanti navi sci-fi si contrano rompendosi. Questa è palesemente una raffigurazione allegorica delle infantili discussioni su quale mecha o personaggio tra le diverse serie sia il migliore, presente nel mondo otaku da tempo immemorabile. Queste rozze animazioni sono volutamente in contrasto con il successivo cut: una dettagliatissima esplosione  distrugge una metropoli fantascientifica tra i petali dei fiori di ciliegio a rallentatore. Il cut di 3 secondi dove possiamo la distruzione della città è oramai una delle più iconiche background animation della Storia dell’animazione. La città è poi rimpiazzata velocemente fiori e le macerie metalliche vengono spazzate via dalla crescita superveloce di meravigliose montagne, alcune realizzate tramite l’animazione tradizionale ed altre tramite lo spostamento di vari background art. L’intero pianeta, prima desertico viene affogato nel verde degli alberi per poi tornare alla nostra protagonista  che sembra osservare ciò che sta accadendo da una dimensione esterna, grazie all’effetto fotografico di semitrasparenza e allo sfondo nero.

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La Daicon poi, citando citando Macross spara un potentissimo raggio mentre ulteriori alberi crescono ad una impossibile velocità al ritmo di un timing estremamente realistico, il 5. L’utilizzo di questo timing, così folle (e complicato da realizzare per gli animatori) permette allo spettatore percepire questa scena come qualcosa di veritiero anche se sa perfettamente che una cosa simile non può accadere. La curvatura del raggio permette di sfoggiare un notevole uso della prospettiva e ci fornisce un composing attraente per avvicinarci al finale. Abbiamo poi un nuovo cut away dove vediamo diversi personaggi tra cui Doraemon e il Sun Bowl Sentai intenti a divertirsi con i cosplay, a giocare con gli amici e a mangiare insieme proprio come dei veri otaku. Ed infine abbiamo il mio cut preferito: Una background animation ci mostra tutti i personaggi possibili e immaginabili in piedi, uniti insieme. Il movimento di camera è opposto rispetto a quello del raggio visto in precedenza e questo contrasto funzionale similmente all’uso dei controcampi, per chiudere l’insieme dei campi lunghi del corto. Vi sono addirittura personaggi di serie cominciate durante la produzione del corto, come ad esempio Dunbine, segno che anche durante la realizzazione di Daicon IV gli animatori erano attenti al panorama circostante. Tutto questo è opera del genio eclettico di Mahiro Maeda, insieme ad Anno il membro della Daicon Film più esperto almeno da un punto di vista teorico riguardo alla cultura otaku. Il sole brilla oltre l’orizzonte e tramite una animazione realizzata interamente con la background art veniamo catapultati fuori dal sistema solare che intanto inizia a formare il logo di Daicon con tanto di bagliori gialli prima dall’apparizione del titolo della fiera in sovraimpressione.

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(Dunbine è il personaggio cerchiato in rosso)

Immaginate di essere dei giovani giapponesi abituati ad animazioni ben poco studiate se non nelle sigle di testa, nei film anime e in qualche rara scena sakuga dell’animazione televisiva. Di fronte a tutto questo non potete che  rimanere sbalorditi soprattutto se 2 anni prima avete visto grossomodo le stesse persone realizzare il corto di apertura del Daicon III, molto più simile ad un doujin anime che ad un vero corto promozionale.  Come ci sono riusciti dunque a migliorare così tanto in soli due anni? Oltre che con dei senpai d’eccezione e con l’amore. Con una invidiabile passione per il media, l’animazione, che intendevano utilizzare. Unendosi insieme, formando un gruppo affiatato dove ogni membro era specializzato in qualcosa di veramente suo. Credo che questo a conti fatti sia il messaggio che vuole lasciarci il corto oggi, a noi che non siamo andati alla convention e mai potremo andare alle successive sci-fi convention ancora oggi in corso nelle varie città del Giappone. Daicon IV è un messaggio di amore per lo stile di vita di quegli otaku che nel corso degli anni ottanta cambiarono completamente il volto dell’animazione giapponese.

Fonti: cijas.org/daitrivia.htm; cijas.org/daild.htm; cijas.org/daicon.htm; Gundam Century by Minori Shobo, pg 146; The Notenki Memoirs by Yasuhiro Takeda

Ringrazio Roberto per il minuzioso checking della prima versione di questo articolo. Senza di te questo articolo non  sarebbe mai stato completato, grazie di cuore.

PS: Chi ha notato il giovane Anno nel cut di Maeda merita un premio.

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