No davvero, che cos’è “sakuga”? Riflessioni di KBnet e FAR

Questa è la traduzione di un articolo pubblicato da KBnet sul suo blog Tumblr l’8 novembre corredata da alcune mie riflessioni conclusive di natura speculativa sull’argomento. Si tratta di domande le cui risposte spesso e volentieri ci sembrano alquanto scontate, ma lo sono davvero? Forse qualche discussione in più in merito alla natura del nostro interesse spasmodico per le animazioni potrebbe ispirare un notevole miglioramento nelle nostre attività di fan. Occorre fare due premesse:

  • Sia il testo originale che le mie conclusioni sono assolutamente discutibili, per cui vi invito caldamente a dire la vostra nei commenti se avete qualche idea in merito all’argomento. Il mio obiettivo è proprio quello di produrre delle basi teoriche in merito all’argomento “sakuga” su cui discutere tutti assieme.
  • Purtroppo la mia traduzione non è affatto perfetta per cui occorre precisare un po’ del lessico di partenza per chiarire alcune porzioni di significato dei termini utilizzati.

-“Fandom” è spesso sostituito da gruppo di appassionati o da cerchia, anche se si tratta di un termine con caratteristiche specifiche studiate da critici culturali.

-“Appreciation” è stato tradotto con “apprezzamento” ma in realtà è qualcosa di ben più specifico: si tratta del riconoscimento e dell’apprezzamento, per l’appunto, delle buone qualità di qualcosa o qualcuno.

-“Analytic framework” è stato tradotto con “struttura analitica ben precisa”. Questa espressione in originale fa riferimento ai modus operandi che si sviluppano negli ambienti accademici.

No davvero, che cos’è “sakuga”? di KBnet

Sakuga5

Qualsiasi individuo che ha sentito parlare dell’argomento almeno una volta vi dirà qualcosa che può essere tranquillamente esemplificato con:

Sakuga corrisponde alla “bella animazione”.

Il sakuga fan è un appassionato della “bella animazione”.

È semplice e corretto, ma non è affatto completo o chiaro, e tale incompletezza emerge continuamente sia nei discorsi di chi fa parte di questo gruppo di appassionati che in quelli di chi non ne fa parte.

Questa incompletezza, questa mancata chiarezza, non è così evidente se non la si va cercando ma è facile da notare una volta indicata. I sakuga fan apprezzano l’animazione figa, ma non amiamo forse tutti ciò che è figo? Raccontato a questo modo, il termine “sakuga fan” descrive pressoché ogni fan degli anime. E che cosa fanno del loro tempo i sakuga fan? Affermiamo che i sakuga fan siano un gruppo che apprezza l’animazione, ma questo “apprezzamento” che tipo di attività è? Potreste pensare che non facciamo altro che stare tutto il giorno seduti a vedere i combattimenti di Naruto o che guardiamo un anime prendendo appunti pronti a fare supposizioni su chi ha disegnato questo o quello. In altre parole potreste pensare di trovarvi davanti ad un nuovo genere di “animali accumuladati” di Hiroki Azuma. Se la gente ci percepisce a questo modo, non mi sorprende affatto che trovi le nostre attività noiose e superficiali.

Il grande Tamerlane affermò questo in merito alla questione:

Le attività dei sakuga fan e dei fan dell’animazione dei cartoni occidentali sono essenzialmente le stesse: entrambi si documentano sulla storia dei propri rispettivi settori, catalogano e attribuiscono le scene a specifici animatori, discutono la teoria che sta dietro alla tecnica e producono entrambi video compliation a tema.

Tutto ciò è vero per Tamerlane e per coloro che leggevano i suoi articoli, e fu probabilmente vero nel periodo in cui i sakuga fan occidentali si radunavano attorno ad Anipages. La sua visione del sakuga fan è certamente più concreta della sopracitata ed è sicuramente più nobilitante. Queste sono tutte attività che attraggono i sakuga fan, quindi non si tratta di una cattiva identikit, ma non è nemmeno completa. In primo luogo, non si cura dello scopo di tali attività (un aspetto su cui si potrebbe sorvolare dal momento che si allontana un pochino dallo scopo del testo) ed in seconda battuta è un po’ ristretto, e forse un po’ obsoleto. Vi sono molte persone che utilizzano parte del “lessico sakuga” ma che lo conoscono poco, e non hanno intenzione di approfondirlo. Ci sono poi coloro che possiedono lo spirito di un sakuga fan e magari anche un po’ di conoscenza sull’argomento ma non si radunano con altri o con noi.

Stranamente, a mio avviso la migliore raffigurazione di quel che l’apprezzamento dell’animazione realmente è – la miglior argomentazione a favore dell’esistenza del mondo sakuga come insieme di attività- è un post di Tumblr diffuso da persone completamente estranee alla nostra cerchia, ed estranee persino dalla alla più ampia cerchia di sedicenti critici. Si tratta di una discussione riguardante una .gif tratta da Ponyo. Alcune persone si sono imbattute in qualcosa di fico riguardante la rappresentazione dell’acqua nei film Ghibli, ed hanno avuto qualcosa di interessante da dire. “È gelatinosa”, così dicevano. Non è necessariamente realistica ma “ricorda come davvero percepiamo l’acqua”. “Gravità? Tensione sulla superficie? No? Beh lasciatemi semplicemente abbracciarla!” Riguardo all’ultima parte, essi hanno sottolineato come tutto questo aggiunga qualcosa all’atmosfera di scene come quella in cui Chihiro mangia un onigiri piangendo o quando Jiro Horikoshi si ripara sotto un ombrello con la sua fidanzata pittrice. Non è una cosa da nulla, l’atmosfera è una parte importante del perché la gente ama questi film così tanto, infatti la discussione si è subito abbassata verso la direzione del “Oh, i film Ghibli sono così nostalgici e confortevoli!”

Ed è qualcosa di fico. Abbiamo questo gruppo di normaloni fan di Miyazaki che discutono riuniti in merito a qualcosa di interessante riguardante l’animazione di quei film, utilizzando parole dolcine per spiegare il “come” di quelle animazioni e perché le apprezzano. Non si tratta di una nicchia: quel post ha ricevuto circa 34000 note o commenti, che per i numeri di Tumblr era decisamente qualcosa di mainstream.

Ecco, quello, a mio avviso, è il “cosa” e il “perché” del Sakuga fandom.

Ho un articolo più “accademico” tra i miei appunti che esplorerà se vi è una modalità di consumo specifica dei sakuga fan, e se l’”apprezzamento sakuga” costituisce una struttura analitica ben precisa. Provengo dagli studi accademici di “Teoria del Cinema”, dopotutto. Si tratta di qualcosa di differente rispetto a questo, ma penso di poter sintetizzare le tesi analitiche dei sakugafan in due proposizioni principali:

-L’estetica è una parte importante del perché gli anime sono popolari.

-L’animazione è un medium visuale, e il modo in cui il Giappone fa animazione ha dato forma a come il medium si è sviluppato in quel paese.

Potrei sviscerare queste proposizioni a lungo. L’ho fatto, dopotutto, ad una conferenza tenuta su questo tema qualche settimana fa ad AUSA. Qui propongo alcune importanti osservazioni.

  1. Non credo che si comprenda l’effettiva profondità del primo punto. Prendiamo in esame le scene di combattimento degli anime in generale. Tali scene non assomigliano per niente a quelle provenienti da ogni altro tipo di animazione. Questo diventa evidente soprattutto nei segmenti che presentano un linguaggio visuale ispirato a quello di Keiichiro Kimura e di Yoshinori Kanada, decisamente presenti nei più popolari anime che introducono gli spettatori occidentali al medium. Combattimenti di questo tipo compaiono persino nei più poveri adattamenti di manga battle shounen quanto sta accadendo qualcosa di importante. Quando questo stile di rappresentazione di combattimento compare fuori dagli anime è perché ci hanno lavorato degli animatori giapponesi o che sono stati fortemente influenzati dagli anime, ed ora stanno cercando di imitare la “maniera giapponese”.

Questo esempio ci conduce naturalmente alla visione dei sakugafan di Tamerlane. Se volessi comprendere uno scontro degli anime –o addirittura una particolare schermaglia come questa dal primo episodio di One Punch Man- significherebbe anche imparare qualcosa riguardo alla “Kanada School”: che cos’è, dov’è nata e dove si è diretta. Perché la telecamera va su è giù? Perché ci sono così tante prospettive forzate? Perché qualcuno ha permesso che Saitama venisse disegnato in quella maniera così serpeggiante?

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Ci sono un sacco di altre cose del genere. Gli anime Bishoujo e tutti i simpatici modi con cui il Giappone si approccia alla character animation, e come l’intero settore può permettersi di sopportare design così complessi. Tutti i trucchetti di compositing utilizzati per fornire un taglio più “cinematografico” alle scene. L’esistenza stessa della “Dezaki School” di linguaggio visuale. Da notare come con l’ultimo esempio non ho parlato di qualcosa di poi così legato all’”animazione”.

  1. Riguardo a questo ultimo punto, intendo andare oltre e dire che queste riflessioni critiche non sono proprie soltanto dei sakuga fan. Persone affascinate dai design meccanici alla vecchia maniera e dall’estetica degli anime in cui compaiono –Come Sean e la gente di Zimmerit– fanno qualcosa di simile al comportamento dei sakugafan, ma presso un ambito molto più ristretto.
  2. L’importanza dell’estetica era qualcosa di più evidente in passato. Negli anni 80’ e 90’, chiedendo ad un fan americano perché apprezzasse gli anime vi avrebbe risposto davvero molto spesso “perché non assomiglia per niente a Disney”. Gli anime non ricordano minimamente i lavori della Warner Brothers, nemmeno quelli di Hanna-Barbera (almeno parzialmente) e nemmeno quelli di Fleischer Studios. Non assomigliavano a nulla di tutto questo. Comparivano fighissime astronavi e robot, questi ultimi con brillanti effetti speciali e design. È un esempio abbastanza terra-terra, ma credo illustri bene la situazione.
  3. L’”apprezzamento sakuga” non è una struttura analitica ben precisa. Non voglio addentrarmi troppo all’interno di questo punto perché meriterebbe un’analisi completa, ma è evidente come questo genere di apprezzamenti implichino diverse possibili tipologie di approccio analitico. Come affermato da Tamerlane si tratta essenzialmente di:

A)Specifiche letture di perché un certo animatore utilizzi una certa tecnica, come lavora e di come contribuisce agli anime a cui partecipa in linea generale.

B)Lo studio dello sviluppo storico delle tecniche d’animazione in Giappone.

C)Come il settore e le sue caratteristiche permettano la nascita dei diversi prodotti d’animazione.

Occorre tuttavia notare quanto ampi questi tre filoni siano realmente. Kvin e Ettinger sono entrambi sakugafan, ma sono interessati a periodi differenti e scrivono molto raramente delle stesse cose. Kvin e gli altri autori del Sakugablog si occupano soprattutto dei punti A e C mentre Ettinger si occupa soprattutto di B.

Mi infastidisce il modo in cui molti non-sakuga fan parlano di animazione nelle loro critiche, e di come molti nel giro sakuga rispondano loro. Ne parlerò più ampiamente nel prossimo post ma dirò questo: l’”apprezzamento sakuga” non ha un proprio spazio all’interno delle recensioni poiché non è una struttura analitica ben precisa. Una recensione può contenere tali discorsi ma non necessita di essi.

Un tempo i recensori si sentivano obbligati a menzionare le animazioni di un anime allo stesso modo con cui chi scrive recensioni di videogiochi si sente obbligato a parlare della grafica all’interno di un gioco. Oramai quel sentirsi costretti non fa più parte del presente. Molti recensori oggi scrivono cose come “beh, c’erano due o tre bei cut” come se si trattasse di un ripensamento verso la fine di quel che volevano dire ma in realtà stanno usando consciamente il “linguaggio” sakuga. Questo è ben peggio, non soltanto perché è esattamente come ripetere “beh, credo che l’animazione sia bella” ma perché sembra di poter concludere beatamente la questione così. Non mi soddisfa e di certo non soddisfa nemmeno il critico che scrive cose del genere. È qualcosa di ipocrita, perché spesso proviene dalle bocche di chi critica i sakuga fan per la loro piattezza.

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Un problema che affligge soprattutto le recensione degli anime Kyoani di un *certo* sito.

Se tu, critico, avessi qualcosa da dire riguardo all’animazione, il linguaggio di quei fan di Miyazaki di cui abbiamo parlato prima può tranquillamente bastare. Nonostante ciò, immagino che il tuo orgoglio da critico ti invogli a contestualizzare un po’ meglio le tue osservazioni.

  1. L’apprezzamento sakuga è fondamentalmente qualcosa di populista. Come affermato in precedenza la nostra persona qualunque alle prese con “sakuga” finisce facilmente per identificare erroneamente quasi tutti come “sakuga fan” eppure io stesso ho evitato il problema semplicemente non fornendo una definizione. Indipendentemente da quanto ristretta possa essere la tua descrizione, questa attività è qualcosa di davvero comune in quasi tutti. Insomma, chi vedendo Akira non ha apprezzato quanti dettagli secondari siano presenti nelle animazioni? Chi vedendo Gundoh Musashi non ha notato quanta “aria fritta” permeasse le animazioni e di come i combattimenti fossero davvero privi d’energia?

Preferirei definire come “sakuga fan” chi partecipa alle attività della cerchia dei sakuga fan e la cerchia di “sakuga fan” come…semplicemente sé stessa. Se sei un sakugafan ti preoccupi di dare un’occhiata agli altri sakuga fan, che sono appassionati ai tuoi stessi oggetti d’interesse. Ciò che ho fatto con questo articolo è stato cercare di puntualizzare meglio che tipo di cose sono, non enumerarle.

Sakuga come produzione di testi e come rizoma di FAR

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Rizome di Rodrigo Arteaga

Il precedente articolo prende in considerazione molti punti che ritengo davvero interessanti e adattissimi alla creazione di una base teorica riguardo alle domande che ci si può porre in merito all’utilizzo del termine “sakuga”. Quel che intendo fare ora è espandere attraverso i miei personalissimi mezzi alcune delle conclusioni a cui Kbnet è arrivato. Il grande punto interrogativo che rimane all’interno del suo discorso è a mio avviso il seguente: “come potremmo definire, senza incappare in errori grossolani, quello che lui chiama sakuga fandom?”

La risposta a questa domanda chiaramente è fortemente influenzata dalle proprio impianto culturale e dai propri studi, e le mie hanno molto a che vedere con la filosofia, che è un altro mio diletto. La mancanza di una definizione univoca per il mondo che si nasconde dietro alla parola “sakuga” mi ha ricordato moltissimo il millenario dibattito tra filosofi e storici della filosofia in merito alla definizione stessa di tale disciplina. A seconda degli usi e delle epoche essa ha assunto vesti ed aggettivi differenti eppure è da sempre permeata da elementi germogliati nei periodi precedenti ed ogni cesura col passato ha visto anche una successiva riscoperta di autori e concetti precedentemente dimenticati o lasciati da parte. Dopo più di duemilacinquecento anni di tentativi si è arrivati persino a fornire definizioni che prendono più in esame il “come” della filosofia anziché il “cosa” o il “perché”. Per esempio, ricordo di aver sentito tante volte divulgatori e professori nelle introduzioni più basilari ripetere frasi come “la filosofia è uno stile di discorso” o “la filosofia è uno stile di pensiero” e a mio modestissimo avviso queste definizioni comprendono un fondamentale punto del racconto della conoscenza umana. Molto spesso quando si discute di materie non-scientifiche, quel che raccogliamo come eredità dagli altri e dal passato non è altro che uno “stile”, un modo di fare vago ma al contempo riconoscibile e aperto a veloci cambiamenti, piuttosto che un ferreo metodo o una “struttura analitica” ben precisa come direbbe Kbnet, che necessita di controprove per subire modifiche e che possiede un preciso modus operandi.  Un discorso simile, va detto, si potrebbe fare anche con discipline quali la critica letteraria o quella musicale ma difficilmente si abbinerebbe bene a quello della Storia di una qualche forma d’espressione artistica, poiché queste ultime discipline presentano dei modi di operare più rigorosi. Forse non scientifici, ma di certo più accademici.

“Sakuga” non è, evidentemente, uno “stile di discorso” ma certamente è uno stile, o un fitto agglomerato di stili, dedicato a “come produrre testi (nel senso più ampio del termine) in merito alle animazioni”. Sotto alcuni aspetti assomiglia parecchio ad un fandom, sotto altri un po’ meno.

Possiede in primo luogo delle evidenti e riscontrabili influenze legate al mondo delle riviste d’animazione giapponese come Newtype, Animestyle o Animage, le quali a loro volta sono state influenzate dalla critica cinematografica mainstream e da quella delle belle arti. Presenta i suoi strumenti, sia teorici che pratici come l’osservare videoclip frame by frame, la booru omonima, un lessico specifico, la compilazione dei crediti, la produzione di prodotti derivati a scopo educativo e artistico (i Sakuga-MAD) e persino i propri meme e le proprie parodie. Inoltre il suo campo di interesse, similmente a quello che della filosofia che può fregiarsi soltanto del titolo di “stile”, non è così ben definito e, sicuramente, nel corso della sua Storia tale campo si restringerà o si espanderà a seconda delle visioni dominanti all’interno del proprio ambito. Così come si sono andati a creare nuovi ambiti di ricerca filosofica grazie a nuove scoperte e allo sviluppo delle ricerche così i sakugafan hanno iniziato a far “apprezzamento” anche in merito alla tanto odiata 3DCG, a preoccuparsi del compositing o della colorazione. Questo peculiare aspetto dei due stili citati non è propriamente così riscontrabile nei fandom in generale. Nel mondo della filosofia e in quello sakuga, l’espansione tematica avviene quando qualcuno comincia all’interno della cerchia a discutere di un determinato argomento in relazione a quelli già citati ed ottiene un riscontro da parte degli altri membri. In altre parole, uno o più individui portano forzatamente all’interno della loro cerchia un argomento esterno che verrà poi inglobato nella massa d’interesse del gruppo se percepito come attinente dopo un processo di assimilazione fondato sulla critica. Nei singoli fandom una simile espansione avviene quando materialmente si viene a creare un nuovo oggetto di discussione come un nuovo personaggio, una nuova unità narrativa o uno spin-off. Quest’ultimo genere di argomenti non è affatto forzato, non c’è ragione di discutere in merito alla loro legittimità. Certo, le meta-discussioni possono avvenire anche all’interno dei semplici fandom ma gli elementi estranei difficilmente ottengono un successo e una rilevanza tale da entrare nel cuore delle discussioni per poi rimanerci “idealmente” per sempre. La differenza fondamentale che si pone tra questo stile ed un modello più rigido, la “struttura analitica” citata precedentemente, è l’assenza di rigidi canoni di produzione testuale. Non c’è nemmeno una struttura predefinita che classifichi più o meno positivamente un “prodotto finito” di un Sakugafan differente dalla verificabilità delle informazioni. In altre parole un articolo non vale più o meno di un MAD o di un tweet: essi sono tutti strumenti di cui il fan fruirà in maniera indistinta. I sakugafan sono coloro che fanno uso di questo stile di produzione del discorso in maniera passiva, ricevendo informazioni, e attiva, rielaborandole e producendone di nuove.

Un’altra possibile definizione piuttosto contigua alla precedente è quella che definirei “rizomatica”, fortemente ispirata ai lavori di Gilles Deleuze. Il filosofo francese utilizza l’immagine del rizoma per raccontare di una struttura di pensiero orizzontale che si interconnette liberamente con gli autori, con i testi ed i concetti di tutte le epoche a cui intende ricondursi senza una vera e propria linearità storica, tipica invece dei ben più rigorosi sistemi ad albero in cui ogni singola parte presenta soltanto delle rigide connessioni con la precedente e la successiva. Questo pensiero rizomatico in sostanza non ha un culmine, un inizio o una direzionalità certa ma presenta soltanto degli specifici punti in cui le interconnessioni sono più fitte rispetto ad altri.

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Ramifications di Rodrigo Arteaga

La metafora del rizoma può esserci molto utile per spiegare in maniera completa le attività dei sakugafan e il loro funzionamento: immaginiamo che l’interezza dei discorsi umani, che sono racchiusi all’interno di testi (testi scritti, video immagini, chiacchiere orali e così via), siano un’enorme struttura rizomatica. Una piccola parte di questa struttura, identificabile ma nemmeno così chiaramente da distinguerne i confini, è dedicata ai discorsi sull’animazione giapponese ed una zona di questa partizione si occupa a quei discorsi che definiremmo come “apprezzamento sakuga”. In questa porzione di spazio le interconnessioni tra i vari testi sono davvero fittissime, si potrebbe quasi dire che i nodi più forti e resistenti di questa regione siano interconnessi ad ogni singolo punto d’interesse della stessa. Questa è una rappresentazione della cerchia dei sakugafan, un ricco e complesso sottobosco rizomatico di testi (e quindi di conseguenza, di produttori di testi) in merito agli aspetti tecnici dell’animazione giapponese scaturiti dall’attività di “apprezzamento”. In una simile situazione possono tranquillamente esistere dei testi legati a tali aspetti che non si trovano all’interno della cerchia: essi sono semplicemente lontani dai punti nevralgici del rizoma. Come sottolineato precedentemente da Kbnet, i sakugafan sono fortemente attratti dai contenuti prodotti dai loro simili ed io aggiungerei che addirittura che la vera forza che sta all’origine dell’influenza di certi individui piuttosto che altri (si legga con i furigana di “Sakugablog”) sta proprio nel numero di interconnessioni rizomatiche che possiedono all’interno di questo sottobosco, di questo ambiente. In altre parole, la vera abilità di individui come Kvin non è frutto di un puro e semplice accumulo delle informazioni ma anche di una fitta rete di contatti e conoscenze dentro e fuori la propria regione d’appartenenza che permettono di riorganizzare ed accedere velocemente alle informazioni di cui necessita meglio di molti altri. Sembra un fatto scontato ma è proprio per via questa importanza delle libere relazioni orizzontali che a mio dire la metafora del rizoma possiede una tale potenza nella rappresentazione di un ambito in cui molti hanno una propria specifica specializzazione e nessuno può davvero sapere tutto o disporre degli strumenti per muoversi liberamente in ogni direzione di ricerca possibile senza l’aiuto di una vasta pila di testi e molti compagni. E voi cosa ne pensate? Avete delle metafore o definizioni di sakuga che avete coniato o che amate particolarmente?

Grazie mille a Kbnet per avermi fornito il permesso di tradurre il suo pezzo, a Fedda e Agresiel per aver fatto una corposa attività di proofreading.

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