Dopo aver visto il primo episodio di Made in Abyss sono rimasto piuttosto impressionato nello scoprire che l’Art Director, Osamu Masuyama, è la figura più giovane all’interno del gruppo direttivo della serie nonostante il fortissimo impatto degli sfondi su ogni spettatore dell’anime rispetto a molti altri aspetti del cartone. Nonostante la vera maestria con cui ha gestito la caratterizzazione visuale di selvaggi ambienti naturali e pittoreschi centri abitati, questa è soltanto la seconda volta che coordina la produzione dei background in un anime.
Questo è un fatto alquanto insolito per una produzione che ha cercato di massimizzare il più possibile la propria qualità attraverso l’assemblaggio di uno staff di indubbia esperienza e abilità riconosciuta da decine di lavori importanti alle spalle: Masayuki Kojima è considerato un vero e proprio genio degli anime televisivi documentato da opere come Abenobashi, Monster e Azuki-chan, Kazuchika Kise ha alle spalle una decina di opere in cui ha curato Character design e sub-Character design mentre Kou Yoshinari è considerato uno dei migliori animatori in circolazione, soprattutto quando si parla di scene d’azione. La faccenda non smette di complicarsi quando mettiamo a confronto le differenze tra i fondali di Miyori no Mori, la sua prima opera, e quelli di Abyss.

Se nel primo caso possiamo notare come ad un colore dominante vengano aggiunti una gran quantità di diversi colori per rappresentare i diversi dettagli in scena, al contrario nel suo anime più recente la palette cromatica è molto più uniforme: vi sono certamente dei colori dominanti ma ad essi vengono accostate delle variazioni di tonalità e sono proprio queste ultime a fornire questo caratteristico feel di pura natura incontaminata pronta ad espandersi verso le aree dell’isola che sono state sottratte all’Abisso. Inoltre l’idea di una natura rigogliosa e apparentemente indomabile è caratterizzata graficamente dall’uso di pennellate particolarmente ampie e veloci, prive di contorni.
Ma come mai un background artist così familiare con gli stili dello studio Ghibli e di Makoto Shinkai come Masuyama ha deciso di approvare uno stile così potente ed originale? Non abbiamo informazioni e spiegazioni dettagliate sull’argomento ma è possibile fare delle ipotesi in merito a come è andata. Dal mio punto di vista l’aspetto determinante nello sviluppo di questa Art Direction è stato soprattutto quello della creazione delle Artboard. Per chi non lo sapesse, le Artboard sono delle illustrazioni realizzate in fase di pre-produzione che servono a stabilire la palette di colori che andrà poi utilizzata dai background artist. È una sorta di “color design dei background” e non sempre viene realizzato dall’direttore artistico: non sono rari i casi in cui altri background artist, prop-designer e disegnatori d’altro tipo si dedicano solo ed esclusivamente a queste board.


In questo caso, credo che l’artista impiegato alle Artboard sia stato Kou Yoshinari, che oltre ad essere un animatore è anche un apprezzato illustratore. Sono molto visibili le somiglianze con i suoi ultimi disegni a livello di colore e recentemente ha ritratto più di una volta situazioni accostabili ad Abyss visualmente. Eccovi un po’ di esempi.












Al contrario però, è pur sempre possibile che l’artista sia stato influenzato dalla direzione artistica dell’anime e non l’opposto. Indipendentemente da come sia andata è innegabile che Abyss sia un nuovo punto di svolta per Yoshinari, che continua a stupire per la sua originalità ed i suoi velocissimi progressi. Va detto comunque che lo studio Inspired, da cui proviene l’Art Director e buona parte dei Background Artists, non aveva mai realizzato opere visivamente simili a questo anime.
Ed è interessante notare inoltre come la città di Orth, se vista dall’esterno, appaia in maniera straordinariamente simile agli ambienti naturali: disordinata, composta da blocchi abitati tutti fin troppo simili fra di loro e sempre dipinta con poche tinte tutte molto vicine tra di loro, le quali vengono spesso riutilizzate per un gran numero di oggetti diversi e con una lineart piuttosto definita e dettagliata.
Se però la telecamera si trova all’interno della città o in un interno la nostra visione cambia un po’: le tonalità diverse aumentano, i contorni si fanno più definiti, texture ed effetti di fotografia digitale iniziano a fare la loro comparsa. Un po’ come se gli abitanti della città e dell’orfanotrofio riescano piacevolmente a percepire le loro dimore come un luogo sicuro e ordinato: vera dimostrazione del trionfo dell’uomo sulla tirannia caotica dell’Abisso, il luogo dove tutti coloro che si addentrano in quell’inferno vogliono fare trionfalmente ritorno. Ma basta fare qualche passo indietro per accorgersi che Orth non è poi così diversa dalla natura rigogliosa del primo “stadio” dell’abisso, con edifici che si accalcano uno sull’altro come banali rocce e pietre. Questa soluzione grafica è abbastanza in linea con quanto ci è stato detto in merito all’organizzazione precaria e spontanea della civiltà che si è formata dopo la scoperta di questo ambiente misterioso.
Monster of the Week #1
In questa sezione ho intenzione di analizzare brevemente i punti di forza dei design dei mostri dell’anime, sempre ad opera del maestro Yoshinari, e come vengono sfruttati. Nel primo episodio abbiamo avuto modo di conoscere Crimson Splitjaw, una lunga e spaventosa creatura in grado di fluttuare tra le pareti dell’abisso. A queste spaventose caratteristiche ben rappresentate nel manga è stata aggiunta una particolare cura per quanto riguarda la larghezza della sua bocca, risposta particolarmente intelligente all’assenza delle vignette sostituite dallo schermo in 16:9. In questo modo la creatura è in grado di “invadere” lo schermo non soltanto lateralmente ma anche frontalmente, come vediamo in alcuni cut davvero mozzafiato.
Per quanto queste non siano delle soggettive o delle semi-soggettive, il mostro finisce con l’occupare sempre le inquadrature divenendo un “protagonista forzato” della scena: dal momento che possiamo concentrarci solamente su di lui è un po’ come se anche noi stessimo cercando di fuggire dalla creatura insieme a Riko. Solitamente quando una creatura simile fa la sua comparsa in un anime i campi lunghi continuano a farla da padrone anche dopo la sua presentazione, in modo da ricordarci sempre quanto queste aberrazioni siano del tutto fuori scala rispetto agli esseri umani. Ma tutto questo è narrativa: nella realtà, una volta incontrata una creatura simile la nostra attenzione si focalizzerebbe in primo luogo sui suoi movimenti e su come possiamo sfuggire dalle sue grinfie. Un po’ come mostrato all’interno dello storyboard di Masayuki Kojima, che si dimostra nuovamente un regista dal grande spirito di osservazione e dalla grande voglia di osare.
I prossimi articoli di questa serie saranno dedicati ai character design di Kise, a come lo sceneggiatore di Samurai Flamenco sta adattando il manga e a tanti nuovi mostri!