Ho immaginato il 2036 dalla prospettiva dell’animazione: MITSUO ISO [Parte 1]

[Serie realizzata per l’azienda Giapponese Ricoh. Produce articoli elettronici, principalmente fotocamere e macchine per l’ufficio come fotocopiatrici, fax e stampanti]

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21 Gennaio 2015

Con questa comincia una serie divisa in 7 parti(quattro saggi e tre conversazioni) in cui presentiamo il futuro dei device da ufficio nell’anno 2036, immaginati dall’animatore e sceneggiatore Mitsuo Iso. In questo prologo Iso presenta una ben congegnata visione del futuro attraverso le lente interpretativa dell’animazione, il media in cui è profondamente coinvolto.

In primo luogo, che cosa sono gli anime?

In molti hanno già discusso dello sviluppo dell’hardware nelle aree della realtà aumentata e delle interfacce uomo-macchina, così ho pensato di fantasticare sullo sviluppo dell’ambiente di lavoro nel 2036, in una maniera che ricorda quella dei manga e dalla prospettiva dell’animazione, che è parte del mio percorso lavorativo.

Ultimamente, l’animazione giapponese non sembra altro che “moe”. Ma alla sua origine, il medium non era visto a questo modo: ha sempre avuto un gran numero di diversi aspetti.

La parola “animazione” viene generalmente utilizzate per definire ogni tecnica nella quale cose che non dovrebbero affatto muoversi prendono vita. L’etimologia della parola deriva dal latino anima e animazione significa dare vita a qualcosa che è immobile. Le parole “animismo” e “animale” condividono la stessa etimologia e hanno significati simili: sono tutti incentrati sull’idea di una forza vitale, di una forza di movimento, di cambiamento.

Forse la ragione per cui gli anime erano originariamente prodotti per bambini è frutto della curiosità innocente dei bambini, attratta da ciò che si muove e ciò che cambia. Anche nel mondo del business, soprattutto nelle aree i cui il consumatore è il key player, non è forse un vantaggio offrire qualcosa che cambia?

Credo che il cambiamento continuerà ad essere un fattore cruciale negli ambienti di lavori del 2036. Forse la risposta alla domanda su come soddisfare questo tipo di bisogno si trova in un mondo bidimensionale, quello dell’animazione.

Fantasticare riguardo ad un ufficio multimediale utilizzando idee provenienti dagli anime

In molti contesti, anime e manga sono stati considerati mero intrattenimento e non hanno ottenuto particolare considerazione in un’epoca che fornisce priorità a ciò che è pratico. Ad ogni modo, questi media di fiction, sono connessi con la psicologia e le neuroscienze e presentano aspetti estremamente profondi, nascosti sotto la superficie.

Se questo fosse un ambiente di lavoro del 2036, esso non dovrebbe avere strumenti di informazione multimediali di ogni sorta, come pure una generazione di “nativi” in grado di ottenere utilizzare questi strumenti, in modo da rivoluzionare il nostro modo di lavorare? Per questa serie, ho pensato di provare ad immaginare, in maniera spensierata come se stessi realizzando una mascotte, tre o quattro strumenti che provengono da una prospettiva bidimensionale. (A dire il vero ho pensato a molti più strumenti, ma non c’è abbastanza spazio per discutere qui di tutto questo, quindi ho dovuto omettere tutto il restante). In particolare, ho cercato di prevedere uno strumenti in grado di stimolare le menti di chi lavora.

Travestire dati attraverso avatar in grado di parlare su “ I meetings delle mascotte avatar”: MITSUO ISO

Dare vita a personaggi avatar

Se prendiamo in esame Siri(l’assistente vocale dell’IPhone) e Pepper(un robot prodotto da softbank), entrambi rilasciati un paio di anni fa, ci sembra oramai chiaro che l’intelligenza artificiale è stata già raggiunta. Ma dal momento che si parla del 2036, vorrei proiettarla all’interno di un contesto da storia di fantascienza.

Facciamo un esempio, esiste il concetto di “personalità artificiale”. Sarebbe carino se possedessimo la tecnologia per ricreare una articolata personalità su di un computer, o se potessimo estrarre una porzione di una personalità umana per renderla un programma informatico in grado di lavorare per noi. La differenza tra queste macchine e le attuali IA consiste nel loro metodo di apprendimento.

Le attuali IA sono simili a un neonato nella culla fornita dai suoi genitori, un “neonato” che cerca di funzionare attraverso una programmazione predefinita. Ad ogni modo, quel che ho in mente è una tecnologia che combina l’apprendimento automatico con l’SMT(statistical machine translation). Beh, questo è lo scenario che ho immaginato, ma se continuiamo così, questa fiscussione finirà col diventare nient’altro che una spiegazione di natura tecnica, quindi omettiamo il resto dei dettagli(ride).

Quel che è interessante in merito all’apprendimento automatico in questo contesto è che sembra di trovarsi davanti ad un bambino cresciuto da genitori permissivi: i genitori (si legga “esseri umani”), i quali non sono eccessivamente protettivi, crescono il loro figlio in modo che riesca ad agire da solo. Credo che questo possa rappresentare il processo di lasciare che i dati si evolvano da soli e quello di farli crescere per far sì che assumano una personalità o che diventino un personaggio.

Supponiamo per un attimo che nel 2036, un servizio di personaggi avatar che usa questa tecnologia venga lanciato. Questa tecnologia da sogno è supportata da una engine in grado di estrapolare un pensiero da qualcosa di simile ai Big Data di oggi e con una capacità linguistica tale veicolare affermazioni. Dopo aver aggiunto quest’ultima funzione, saranno i dati stessi a parlare con eloquenza. Per quanto riguarda l’aspetto fisico, la tecnologia potrebbe generare automaticamente qualcosa di simile ad un personaggio mascotte(ride) con qualche caratteristica in comune con i dati rappresentati.

Per esempio, potresti fornire un avatar che ricopra l’”anima” di una certa quantità di dati e potresti farlo partecipare ad un meeting ufficiale. Potresti sentire qualcosa di interessante e, dopo aver investigato su di chi si tratta realmente, potresti venire a scoprire che altri non è che il Signor Big Data. Qualcosa del genere potrebbe divenire possibile in futuro.

Incontriamo gli impiegati: un bambino, un gatto e Big Data

Non sarebbe fantastico se potessimo includere conoscenze specialistiche e informazioni untili di ogni tipo come parte dei dati della personalità? Se concepiamo gli esseri umani come un insieme di dati, possiamo applicare degli avatar anche sul loro insieme di dati. Potremmo rivestire i dati di un bambino con un personaggio avatar al cui interno sono installate conoscenze specialistiche. A questo punto potremmo utilizzare la ricca immaginazione del bambino come risorsa.

D’altro canto, se si è provato ad applicare un avatar su ciò che non può essere verbalizzato, come per esempio i propri pensieri inconsci di cui parlerò successivamente, si potrebbe far parlare direttamente l’avatar; forse sarebbe in grado di esprimere liberamente le immagini presenti tua testa, senza essere legato agli obblighi inerenti al linguaggio. Potrebbe anche essere un’esperienza interessante salvare la propria persona digitalmente durante la giovinezza per poi conversare successivamente con sé stessi.

Così, se provassimo ad osservare i partecipanti ad un meeting tra avatar aperto a tutti potremmo vedere un bimbo, i Big Data, te stesso da giovane ed un gatto(ride). Non ti piacerebbe osservare un meeting composto anche da intelligenze diverse da quelle umane?

Ho una strana sensazione in merito a questo: credo che quando saremo in grado di trasformare oggetti e dati in personaggi, dando loro la possibilità di conversare tra di loro, la nostra comprensione dei fenomeni aumenterà esponenzialmente. È ovvio che le mascotte che le località giapponesi e le organizzazioni stanno recentemente adottando è l’esatta definizione di antropomorfizzazione anche se spiriti come i mononoke e gli yokai sono parte della cultura giapponese fin dall’antichità e ciò che viene messo in scena è lo stesso esatto processo.

Forse, nell’ambiente di lavoro del 2036 l’antropomorfizzazione (si legga “trasformare cose in personaggi”) che fa parte della sensibilità giapponese sarà un incentivo all’innovazione.

Poter osservare informazioni di natura non-verbale attraverso lo “Strumento di visualizzazione totale” e la “macchina di auto-traduzione”: MITSUO ISO

Esistono nuove scoperte frutto di informazioni che non possono essere espresse a parole.

Immaginiamo che, nel 2036, un’engine in grado di convertire in informazioni visuali i nostri quattro sensi oltre la vista, oltre che altre tipologie di dati, venga inventata. Nel mondo reale esiste già la possibilità di visualizzare un odore per sviluppare nuove fragranze. Ciò che mi chiedo è se saremo mai in grado di visualizzare il senso del tatto.

Sentire la texture della carta sulle punte delle mie dita mi aiuta a pensare e a concentrarmi. Quindi, per esempio, potrei osservare il sensore che si occupa di catalogare i dati tattili durante un meeting e notare all’improvviso uno strano picco di dati. Una volta analizzati questi dati e quelli del mio discorso potrei scoprire di aver parlato di una buona idea senza nemmeno essermene accorto!

Io disegno, quindi spesso ho simili esperienze. C’è un gran numero di informazioni di cui il tuo corpo ti sta informando ma solitamente la mente le scarta. Mi è capitato di osservare un disegno e di pensare “oh, questo è proprio quello che volevo fare” ed ho imparato qualcosa di nuovo attraverso un mio stesso lavoro.

Anche gli atleti affermano qualcosa di simile. Ma oltre all’utilità che può avere nel disegno, se potessimo visualizzare in modo comprensibile tatto e udito, così come le nostre pulsazioni e le onde cerebrali, potremmo conoscere un gran numero di nuove informazioni inaccessibili in altro modo.

Spesso ci troviamo di fronte a fenomenali idee nelle nostre teste ma che descritte a parole finiscono col crollare a pezzi. Credo che esistano delle immagini di natura non verbale all’interno delle menti e del corpo umano, utilizzabili come risorse. Chissà se potremmo mai svelarle attraverso una visualizzazione esterna della nostra mente. Si potrebbero utilizzare perfino i personaggi immaginati la scorsa volta per far sì che il proprio inconscio parli per noi. Diventerebbe così una macchina di “auto-traduzione” in grado di far riemergere informazioni dalla parte che non conosciamo di noi stessi.

il futuro attraverso la sinestesia, il misterioso fenomeno che si estende attraverso i cinque sensi

Non sarebbe fantastico se il nostro ambiente di lavoro avesse un oggetto in grado di mostrare i progressi dei progetti attraverso colori e forme in modo tale da poter controllare e modificare compiti a colpo d’occhio? I dipartimenti che non sembrano in grado di completare il lavoro entro la deadline verranno rappresentati in rosso. I dipartimenti che non fanno altro che rallentare l’organizzazione, come il collo di una bottiglia, avranno una forma sottile ma oltremodo riempita di materiale. Amo da morire l’idea di possedere un aggeggio del genere all’interno di uno studio di animazione, ma se scoprissi di essere io stesso il collo di bottiglia credo sarebbe piuttosto imbarazzante (ride).

Qualcosa di simile potrebbe essere utilizzato anche come fonte di intrattenimento. Non sarebbe grandioso se esistesse un oggetto in grado di comporre musica basandosi su un disegno che stai realizzando in quel momento? Supponiamo di poter realizzare la forma della musica graficamente mentre un programma la osserva. Prodotti innovativi simili alla mia idea esistono già, ad esempio il TENORI-ON (un prodotto Yamaha). Sarebbe interessante vedere un grande balzo in avanti delle attuali tecnologie che ci permettono di disporre ed editare testi graficamente, come se fossero oggetti tridimensionali. I momenti più calmi potrebbero essere rappresentate da forme tondeggianti mentre quelli più concitati potrebbero essere avere una forma più frastagliata.

Esiste una forma di sensibilità misteriosa che si proietta tra tutti e cinque i sensi: colore e linguaggio, o suoni e colori, combinati insieme. Questo fenomeno è chiamato sinestesia ed è attualmente oggetto di ricerche. Se potessimo disporre di uno strumento in grado di ricreare questo senso relativamente inesplorato, non vorremmo forse poter unire più sensi possibili insieme?

Io stesso credo di possedere qualcosa di simile alla sinestesia. Quando scrivo una sceneggiatura, quando voglio raccontare una storia, cerco di proiettare il senso del movimento di quando mi dedicherò al processo di animazione all’interno dello script. Credo di avere una sorta di sinestesia tra il senso del movimento e quello della scrittura della storia. Sono certo che, per esempio, abbiate sentito che esistono un gran numero di persone in grado di farsi influenzare dalla musica.

Sarebbe davvero elettrizzante se Ricoh, produttore e leader della nostra “società” basata sulla carta, sviluppasse tecnologie in grado di sfruttare questo tipo di esperienze fisiche.

Il computer “bugiardo” che dice “vere” menzogne e che risveglia l’immaginazione: MITSUO ISO

Il potere delle storie è frutto di “vere bugie”

La stragrande maggioranza dei film è frutto di fiction, sono storie inventate. In animazione, al contrario dei live action, persino le immagini stesse sono “costruite”, si potrebbe quasi dire che si tratta della più estrema forma di fiction. Che si tratti di disegnare immagini o di raccontare storie, tutto prende forma come prodotto di premeditate bugie.

Ad ogni modo, queste menzogne hanno lati positivi e lati negati, devono fornire gioia al consumatore, coloro a cui la menzogna è stata raccontata. In altre parole, esistono bugie che producono un valore piuttosto che distruggerlo.

Ciò che chiamiamo animazione consiste in un gran numero di bugie che vanno ben oltre la semplice trama. Live action e CG utilizzano 24 frames per secondo ma per quanto riguarda l’animazione realizzata con disegni fatti a mano, difficilmente andiamo oltre gli 8, 12 frame per secondo perché lavorare con lo stesso framerate degli media sarebbe estremamente complesso. Utilizziamo piuttosto una tecnica chiamata limited animation che ci permette di creare l’illusione di un movimento fluido attraverso un piccolo numero di immagini approssimative. Finiamo con l’esagerare, con il falsare, i movimenti che differiscono dalla realtà.

Inoltre, ci sono bugie relative alla luce e allo spazio. Esiste un famoso aneddoto riguardo il regista Akira Kurosawa: egli dipinse a mano lo sfondo in uno dei suoi film, una foresta di bambù. In questo modo le silhuette delle piante non possono che apparire completamente distinte dai personaggi e dalle foreste di bambù di ogni altro suo film. In animazione, usiamo continuamente metodi simili a questo. Ognuno si accorge di questo una volta divenuto professionista: per qualche ragione, un cartone animato che sviluppa le proprie menzogne con una certa maestria finisce col divenire persino più realistico di un rivale che racconta la stessa cosa senza alcun tipo di bugie. In questo consiste la magia della fiction.

Naturalmente, esistono bugie in grado di dare benefici alle persone. Vi sono un gran numero di esempi che escono dal campo della fiction, come per esempio le bugie raccontate dalle maestre d’asilo. Quando una maestra si comporta a questo modo, i bambini finiscono con l’urlare “stai mentendo!” Questa scoperta finisce col produrre una certa energia, dico bene? La maestra fa finta di non sapere e si mostra contenta di imparare qualcosa dai bimbi, i quali si sentono rallegrati di aver risolto questa situazione. Questa è un tipo di vera bugia (true lie); in altre parole, è il potere della fition, delle storie.

Le vere bugie portano a verità emotive

Cosa succede però quando ai bambini, raggiunto un superiore livello di istruzione, non possiamo più raccontare bugie che vadano contro la scienza? “Se facciamo questo, accade quest’altro. Questo è stato scoperto nell’anno XX a.D blablablalbla…la lezione è terminata”. Che motivo abbiamo di entrare in un labirinto di cui è possibile vedere l’uscita fin dall’inizio?

Un gran numero di bugie benefiche che ci entusiasmano e che fanno sviluppare la nostra immaginazione sono accompagnate da emozioni. È davvero attraente poiché la ricerca dell’uscita del labirinto avviene nel momento in cui la immagini. Questo è il mondo delle storie; ha una Storia ben più lunga di quella della scienza. Probabilmente, l’umanità è al corrente di questo fenomeno contraddittorio che riguarda la discrepanza tra le descrizioni delle cose utilizzando il linguaggio e il mondo reale fin da quando il linguaggio è stato scoperto. In altre parole, sarebbe sbagliato dire che il linguaggio e le bugie sono state scoperte quasi nello stesso momento?

In questo caso, che tipo di metodi esistono per inserire la fition all’interno del proprio lavoro? Recentemente, una strategia chiamata gamification sta diventando sempre più comune. Inoltre, Molte presentazioni vengono realizzate in modo da assomigliare alla narrazione della fiction. Un gran numero di insegnanti sviluppa le proprie performance in maniera simile.

Le bugie “maligne” sono inaccettabili ma se entro il 2036 un computer in grado di produrre menzogne positive venisse inventato, ne sarei sicuramente felice.

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Mitsuo Iso Animatore e sceneggiatore

Nato nel 1966 nella prefettura di Aichi. L’anime Dennou Coil, che ha creato e diretto, è vincitore di numerosi premi, tra cui il ventinovesimo Nihon SF Taisho Award (conferito da scrittori di fantascienza e fantasy) e l’Excellence Award nella categoria animazione del Japan Media Arts Festival 2007(conferito dal ministero degli affari culturali). Iso ha lavorato inoltre a capolavori quali Only Yesterday, Porco Rosso, Neon Genesis Evangelion e Kill Bill.

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